Padova, 154 lavoratori cinesi in nero nella filiera del made in Italy

I capi di abbigliamento venivano prodotti in laboratori cinesi, lavoratori sottoposti a turni estenuanti. Sequestro di beni per 3 milioni di euro.

Immagini di repertorio

Immagini di repertorio

Padova, 22 settembre 2021 - Un piccolo esercito di lavoratori in nero per produrre capi di abbigliamento che vantavano il marchio del made in Italy. Lo ha scoperto la Guardia di finanza di Padova indagando, su delega dalla Procura di Rovigo, assieme alla Direzione regionale dell'Inps. Indagine sfociata ora nell'esecuzione di decreto di sequestro preventivo per la confisca, anche per equivalente, del valore di tre milioni di euro circa, emesso nei confronti di una società di capitali, operante nel settore manifatturiero e del suo relativo 'manager'. Si tratta di un cinese "rivelatosi l'artefice di un articolato meccanismo di interposizione illecita di manodopera di connazionali". Appunto il piccolo esercito di lavoratori in nero: ben 154 quelli trovati a confezionare abiti e irregolarmente assunti part-time da cinque ditte individuali gestite da cinesi (di fatto inesistenti e create solo per attivare i rapporti di lavoro), tutti prestanome alle dirette dipendenze di un loro connazionale -il 'manager'- che riceveva commesse da 12 appaltatori veneti, operatori appunto della filiera del made in Italy.

É nato tutto da un'ispezione nell'estate 2019 delle Fiamme Gialle di Este assieme a funzionari Inps, del servizio di prevenzione per la sicurezza negli ambienti di lavoro e vigili del fuoco, in laboratori tessili che producevano per noti marchi della moda italiana a Casale di Scodosia in provincia di Padova. Qui, in capannoni industriali acquistati ad un'asta giudiziaria e fittiziamente intestati ad un dipendente, i 154 lavoratori, tutti cinesi, con contratti part time dell'artigianato (assunti a sole 18 ore settimanali), erano "costretti a turni estenuanti, anche serali", ma anche "durante i periodi registrati come ferie o in posizione di aspettativa non retribuita".

I rapporti di lavoro venivano schermati dalle ditte "fantasma" che, prima di cessare la propria attività, trasferivano i lavoratori dall'una all'altra impresa, omettendo sistematicamente il versamento dell'IVA e dei contributi di natura previdenziale e assistenziale. Rilevate nelle ditte individuali collegate mancati versamenti Iva per circa mezzo milione di euro, emissione di fatture false per oltre 7 milioni di euro, nonché un'evasione contributiva, ai fini previdenziali e assistenziali, da 1,8 milioni di euro. In merito alla società di capitali, invece, è stata accertata un'evasione di Iva e Ires per 3 milioni di euro circa. Sono stati così sequestrati tra gli altri 5 immobili (di cui 3 capannoni industriali e 2 abitazioni), 3 autovetture, 53 mila euro detenuti sui conti correnti aziendali, le quote sociali della società stessa.