Parma, pakistani accampati in via Cavestro: scoppia il caso in città

Dieci ragazzi stanno portando avanti una protesta silenziosa, dormendo sul marciapiede davanti alla sede del Ciac: ecco perché. La vicenda è arrivata in aula. "Situazione incivile", attacca la Lega

La protesta silenziosa dei pakistani a Parma

La protesta silenziosa dei pakistani a Parma

Parma, 13 ottobre 2022 – Sono arrivati a piedi dal Pakistan lungo la rotta dei Balcani, sopportando torture e ingiustizie per oltre 6mila e 500 chilometri. Hanno vagato di città in città allontani da cittadini e forze dell’ordine, fino a quando si approdati a Parma. E qui vivono accampati da mesi. Sono in tanti, una decina di giovani – tra i 23 e i 25 anni – e nei loro paesi d’origine erano studenti. Sono arrivato a Parma sei mesi fa ed è scoppiato il caso. In attesa di entrare nel circuito della protezione internazionale, stanno portando avanti una protesta silenziosa nel centro di Parma, sostenuti dal Ciac.

La Lega attacca, la vicenda è approdata in consiglio comunale e la leghista Laura Cavandoli non ha usato mezzi termini in aula, definendola una situazione incivile: bisogna evitare che ci siano persone che stanno notte e giorno strada per ricordare a tutti che le belle parole non bastano più". Ecco cosa sta succedendo in città.

Sommario: 

Dove dormono e perché

I ragazzi pakistani che stanno facendo discutere la città – di loro si è parlato in aula, nell’ultimo consiglio comunale – hanno dormito nei parchi per tutta l’estate, sull’erba e sulle panchine, attrezzati con dei sacco a pelo. E ora che inizia a fare freddo si sono stabiliti in pieno centro storico, davanti alla sede di Ciac Onlus, una realtà che si occupa di accoglienza e integrazione dei migranti. Praticamente vivono sul marciapiede della Strada Cavestro di Parma.

“Siamo per strada perché non troviamo una casa, prima di arrivare a Parma abbiamo chiesto aiuto in altre città. Ma senza una risposta della prefettura non si può fare niente. Vogliamo solo iniziare una nuova vita legalmente”, hanno spiegato i ragazzi pakistani ai giornali locali. Il gruppo si è rivolto proprio al Ciac, chiedendo assistenza per la procedura di riconoscimento della protezione internazionale, così come previsto dalla convenzione di Ginevra.

Cosa sta facendo per loro il Ciac

“Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai richiedenti asilo che chiedono soltanto il riconoscimento dei loro diritti”. Con queste parole il Ciac ha preso posizione sulla protesta pacifica di una decina di migranti di origine pakistana che da alcuni giorni stazionano davanti alla sede di Strada Cavestro. “Queste persone – dicono i rappresentanti dell’ente di tutela – hanno effettuato diversi mesi fa la procedura legale per avere i documenti e avrebbero diritto all’accoglienza prefettizia, ma la loro situazione resta in un limbo che non gli permette di avere alcun diritto”.

La protesta silenziosa

La manifestazione è portata avanti con gentilezza e in maniera silenziosa e pacifica. “Si tratta di persone giovani – spiegano da Ciac – che hanno una storia migratoria molto lunga, caratterizzata da torture e violenze sulla rotta balcanica, sono arrivati a Parma nel corso dell’estate allo stremo delle forze e le loro condizioni continuano a peggiorare. Si aspettano da Ciac aggiornamenti sulla loro situazione: li abbiamo sostenuti nella presentazione della domanda di asilo, ma questo non è sufficiente per completare la procedura e fargli ottenere un permesso di soggiorno perché è richiesto un domicilio. Allo stesso tempo gli è impedito l’accesso all’accoglienza istituzionale, anche se ne avrebbero diritto, perché non ci sono posti disponibili su tutto il territorio nazionale”.

Parma: 60 migranti nel limbo

A Parma ci sono oltre 60 persone nelle stesse condizioni dei giovani pakitani, perfettamente “regolari”sul territorio, ma che non hanno alcun tipo di assistenza, costretti a dormire per strada e spesso preda delle reti di sfruttamento per mancanza di alternative, nonché esposti alle intemperie, a furti e minacce. “Quanto sta accadendo – concludono da Ciac – dimostra, ancora una volta, la completa insufficienza del sistema di accoglienza italiano, legato soltanto a risposte emergenziali e basato su centri di accoglienza straordinaria. Una condizione drammatica che denunciamo da anni”.