Neuroscienza, Università di Parma scopre nuove caratteristiche dei neuroni a specchio

Pubblicata sulla rivista ‘Current Biology’ la ricerca dell’ateneo cittadino che approfondisce il modo in cui cellule diverse nel cervello rappresentano le nostre azioni e quelle degli altri

Reti di neuroni, foto di repertorio (Ansa)

Reti di neuroni, foto di repertorio (Ansa)

Parma, 13 maggio 2021 – Arriva dall’Università di Parma l’ultima importante novità nel campo delle neuroscienze. Sulla rivista scientifica ‘Current Biology’ è stata infatti pubblicata una ricerca condotta dal gruppo di lavoro del laboratorio di Neurofisiologia e Neurobiologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’ateneo cittadino volta a chiarire quali tipologie di neuroni del cervello umano rappresentano sia le nostre azioni sia quelle eseguite da altri mentre li osserviamo.

Gli autori della ricerca

Lo studio, che ha come primi autori i ricercatori Carolina Giulia Ferroni e Davide Albertini ed è stato condotto sotto il coordinamento di Luca Bonini, docente di Psicologia all’Università di Parma, rientra nell’ambito di un progetto cofinanziato dal Consiglio europeo della Ricerca e dal Ministero dell’Università e della Ricerca italiano.

“Il cervello dei primati, umani e non, contiene una molteplicità di tipologie di neuroni diversi, che svolgono una altrettanto ampia gamma di funzioni – si legge in una nota dell’ateneo parmense –. Sin dalla loro scoperta da parte del gruppo di Giacomo Rizzolatti all’Università di Parma, tuttavia, poco o nulla si sapeva fino ad oggi riguardo a che tipo di neuroni potessero essere i neuroni specchio”. 

Lo studio sui neuroni specchio

“Alcune di queste cellule – prosegue la nota – erano state identificate come cellule piramidali, ossia implicate nella generazione del movimento: ma la maggior parte di queste ultime non solo non rispondono, ma addirittura si inibiscono durante l’osservazione di azioni altrui”.

E l’importanza della ricerca pubblicata su ‘Current Biology’ sta proprio nel fatto che per la prima volta è stata dimostrata la presenza di una molteplicità di elementi che caratterizzano la scarica dei neuroni specchio della scimmia propriamente detti, quelli cioè che si comportano allo stesso modo sia durante l’esecuzione sia nell’osservazione di azioni, rivelando così che molte di queste cellule hanno caratteristiche tipiche degli interneuroni inibitori. 

Un passo in avanti per le neuroscienze 

Lo studio, dunque, suggerisce che nel cuore delle aree motorie (ossia il “motore” dei nostri comportamenti volontari) esistono meccanismi capaci di funzionare come una sorta di “motore in folle”, senza cioè generare alcun movimento. 

Tutto ciò rappresenta quindi “un passo importante verso la possibilità di identificare nel dettaglio, con tecniche causali, i microcircuiti locali che consentono al cervello di sfruttare gli stessi neuroni per molteplici funzioni, da quelle legate alla pianificazione motoria a quelle percettive e socio-cognitive”, conclude la nota dell’Università.