Pesaro, bagno di folla per Liliana Segre e Pupi Avati

Tra gli ospiti del Festival del giornalismo culturale, la senatrice a vita Liliana Segre e il celebre regista

Liliana Segre a Palazzo Gradari

Liliana Segre a Palazzo Gradari

Pesaro, 28 ottobre 2018 - Un faro di testimonianza come pochi lo sanno essere. Liliana Segre, la senatrice a vita, sopravvissuta alla Shoah, questa mattina, con il suo intervento al Festival del Giornalismo Culturale, ha rapito il cuore di tutti. Il pubblico l'ha applaudita, per cinque minuti di fila, quando, a conclusione del suo intervento, Segre ha evidenziato come "quello stupore che si legge negli occhi del male altrui di cui parlava Primo Levi ne 'La Tregua', per descrivere lo sguardo dei soldati russi alla vista del campo abbandonato di Auschwitz, è stata la spinta a farmi diventare testimone". Testimone della memoria, lei che, in quel lontano 1944, venne deportata dalla stazione di Milano centrale al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e separata subito dal padre, che non rivedette mai più.

 “Ho conosciuto il male assoluto per la sola colpa di essere nata - racconta Segre, intervistata da Giorgio Zanchini - e fino a quando non è avvenuta, per via delle leggi razziali fasciste (1938), l’espulsione degli ebrei dalle scuole, non potevo sapere a cosa sarei andata incontro. Avevo solo 8 anni; la mia famiglia, di origine ebraica, era laica ed atea. Da quel giorno, le mie compagne di classe, che per anni non capirono cosa potesse significare quel banco vuoto, mi etichettarono come l’amica ebrea”.

Poi prosegue: “Il nostro lager confinava con un altro da cui si vedevano entrare famiglie intere, tutte unite. Poi, all’improvviso, una mattina, non le vidi più: le mie compagne più grandi mi spiegarono che erano state portate nelle camere a gas”.  La senatrice, “rapendo” un pubblico visibilmente emozionato, ha ricordato poi la sua recente proposta, presentata in Parlamento, per far approvare un decreto legge che possa istituire una Commissione contro l’odio e l’antisemitismo: “spero che venga presa in considerazione: c’è sempre più bisogno di controllo, da parte dello Stato, per combattere la violenza e l’indifferenza”.

All'intervento di Segre, è seguito quello del regista Pupi Avati, intervistato da Cristina Battocletti, anch’egli super acclamato dalla folla: il noto produttore bolognese, punto di riferimento nel mondo del cinema italiano, ha ripercorso tutte le fasi più importanti della sua vita, parlando anche del suo rapporto con la moglie ("mia compagna di vita da 50 anni, dentro i suoi occhi ci sono totalmente io").

“La forza del cinema è stata quella di proporre modelli vincenti, che ora andrebbero recuperati - afferma il regista -, come quello della moglie che passa una vita intera di fianco al marito, ad esempio. E’ importante, nel mondo del cinema e della televisione, mettere ancora al centro determinati ruoli sociali”. E sulle Marche: “lo ricordo come uno dei territori più accoglienti in cui mi sia trovato. Quando ho girato qui ‘Il cuore grande delle ragazze’, tutte le persone che incontravo per strada, mi chiedevano di girare il film a casa loro. Incredibile,il contrario di ciò che accade a Roma”.

Dopo Avati, sono seguiti altri incontri con ospiti di grande calibro come Massimo Bernardini, Leonardo Maffei, Gian Paolo Manzella, Antonio Pavolini, Elisabetta Stefanelli e Roberto Zichittella.