Pesaro, 18 agosto 2010 - Forse non voleva essere un messaggio d’accusa, ma certo susciterà discussione l’omelia che l’arcivescovo Piero Coccia ha pronunciato la domenica di Ferragosto in Duomo, in occasione della Festa dell’Assunta. "La Chiesa - ha detto monsignor Coccia -, compresa quella di Pesaro, rimane fedele alla sua visione dell’uomo. Questa chiara identità non è svendibile né negoziabile di fronte ad opportunismi vari e neanche di fronte a forze partitiche o sparuti movimenti di opinione. Ogni vescovo, compreso il vescovo di Pesaro, non solo “può”, ma “deve” garantirla e difenderla con coraggio, con serenità e con assoluta libertà".

 


Parole che si possono chiaramente legare alle recenti vicende del coro gay Komos che non ha potuto esibirsi nella Chiesa di Cristo Re come programmato nell’ambito del festival dei vespri d’organo, per scelta dell’Arcidiocesi. Mentre è più complesso intravedere citazioni relative ad altri casi che hanno caratterizzato la polemica cittadina e anche nazionale. Monsignor Piero Coccia ha ribadito i punti fermi della Chiesa.

 

"L’autentica visione cristiana della vita prevede, sul piano antropologico, quella che è definita dalla teologia contemporanea l’unità duale della persona, cioè una visione della stessa come insieme di anima e di corpo, di distinta identità sessuale tra l’uomo e la donna e di diversa forma sociale di individuo e di comunità".

 

E chiari riferimenti all’idea di famiglia nel messaggio non mancano: "Possiamo vivere un amore fedele sia nell’ambito familiare sia in quello sociale, vincendo in noi e fra noi tutte quelle deformazioni dell’amore presenti nella nostra società. Ogni concepimento — ha proseguito il vescovo — e ogni nascita vanno accolti con esultanza e che a nessuno è lecito né manipolare né sopprimere la vita umana; l’estrema ed inquietante esperienza della morte si tramuta in vita grazie all’amore del Padre".

 

Prosegue così l’omelia: "In una stagione culturale particolarmente caratterizzata da incertezze, da dubbi, da fraintendimenti, il credente, dovunque impegnato a livello personale e comunitario negli ambiti della famiglia, del lavoro, della cultura, dell’economia, della politica non può vivere nell’ambiguità e neppure nella ricerca di un calcolato consenso teso a fare breccia sull’opinionismo utilitaristico di temporanea durata. Il credente è chiamato a battersi con coraggio perché le verità del patrimonio della fede – che coincidono con il patrimonio dell’autentico umano – non vengano né scalfite né addomesticate né ignorate. I tempi — conclude l’arcivescovo — in cui viviamo ci chiedono una chiara coscienza critica e nel contempo un’esperienza cristiana integra, nella convinzione che solo in essa si realizza la persona nella sua totalità".