Fano, 15 settembre 2011 -  Scena muta davanti al giudice, che lo ha interrogato ieri mattina per la convalida. Alessandro Ghilardi, il 37enne accusato dell’omicidio di Gabriella Petrolati, 42 anni, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il gip, Raffaele Cormio, ha convalidato il fermo e quindi disposto la custodia cautelare in carcere. L’udienza è durata pochi minuti. I suoi legali — Roberto Brunelli e Cinzia Cicetti — avevano chiesto, come attenuazione della misura cautelare, gli arresti domiciliari, che però il gip non ha concesso. Gabriella Petrolati è stata uccisa con 23 coltellate — è il numero definitivo che emerge dai risultati dell’autopsia — venerdì pomeriggio nella casa di via Trieste a San Lorenzo in Campo dove abitava Ghilardi, dopo la loro separazione. L’arma che l’ha trafitta è un coltello di quelli che si usano per tagliare carne e affettati, con una lama lunga 15 centimetri, il manico altri 12. Ghilardi la ripone in un cassetto della cucina stessa, dopo averla usata per uccidere la sua ex. A terra, i carabinieri ritroveranno un altro coltello, molto più piccolo: è quello con cui Ghilardi tenta di uccidersi, senza successo, tanto che poi uscirà con la macchina e inizierà a vagare per l’Italia. Prima di uscire si lava e si cambia, in bagno verranno trovate ampie tracce di sangue.

 


Ghilardi — questa la ricostruzione fatta da lui stesso — manda un sms a Gabriella con cui le dice di venire a prendere la borsa di suo figlio. Lei arriva, lascia fuori la macchina accesa. Lui l’attende seduto sul divano, la porta socchiusa. Le dice: "Entra", lei non entra. Forse ha paura, forse vuole che lui le porti la borsa, per andarsene via in fretta. A quel punto lui le chiude la porta in faccia. Gabriella allora si arrabbia e si attacca al campanello. Lui riapre, lei entra, e, racconta sempre Ghilardi, "comincia a offendermi". Inizia la colluttazione. La prima coltellata, quella che provoca l’emorragia, è nella schiena, perfora il polmone. Poi ce ne sono altre nella schiena della vittima. Ma ben 18 sono sul torace. Sono quelle che Ghilardi cita nella sua confessione: «Mi ricordo solo che stavo sopra di lei e la accoltellavo». I carabinieri ritroveranno nella casa di Ghilardi anche un’altra lettera, oltre alla sua in cui si scusa per non essersi «controllato». E’ scritta da Gabriella, ci sono parole dolci, si chiude con «Ti amo». Prima c’erano scritte frasi come «ti voglio un mondo di bene» e anche «quella fiamma che si è spenta...». Forse era il «punto» sulla loro storia di amore:che si stava affievolendo, ma lei gli voleva ancora bene. Cose vecchie. La rabbia di Ghilardi monta quando nell’agosto scorso viene a sapere che c’è un altro nella vita della sua Gabri. E’ quello l’inizio della fine.