Pesaro, 8 gennaio 2013 - UNA LACRIMA che gli scende dall’occhio, quando sente la voce registrata del portierone che ha fatto la storia del calcio italiano ed è stato l’idolo della sua vita: Dino Zoff. Marco Manzini, 52 anni, bancario, era in coma dal 6 dicembre scorso, quando in sella al suo scooter, in via Cimarosa, cade dopo aver investito una donna che stava attraversando la strada. Manzini batte la testa e nonostante il casco le sue condizioni risultano gravissime. Viene ricoverato al san Salvatore, prima in Rianimazione, poi in Neurochirurgia. E proprio nei giorni sotto lo scorso Natale, il risveglio dal coma. Ieri, un trasferimento che per tutti i famigliari — la moglie Monica, oltre ai fratelli Mauro e Marcella — suona come la fine di un incubo, il segno timido di una rinascita.

UN RISVEGLIO particolare però, che merita di essere raccontato dall’inizio. Elio Giuliani è uno degli amici più cari di Marco, lo conosce da ragazzino. Quindi Giuliani capisce che oltre alla musica e ai tanti altri messaggi che i famigliari fanno sentire al congiunto, per risvegliarlo, la voce dell’ex campione può essere decisiva. «Un tempo lo chiamavamo Manzoff, tanto era tifoso juventino», racconta Giuliani. Il quale quindi manda un sms a Zoff, questi poco dopo lo richiama, è disponibile, dice «Ok, voglio aiutare questa persona», e i due registrano il messaggio». «Tieni duro, Marco», gli dice Zoff nel messaggio registrato. «Ti voglio sentire presto per telefono», aggiunge. «E quando ha sentito queste parole — racconta Elio, che lo andava a trovare ogni giorno in ospedale — l’occhio gli si è ravvivato come mai avevamo visto prima».

INSOMMA, la voce del campione arriva diritta al cuore del bancario. «Quando l’ha sentito la prima volta gli è venuta fuori una lacrima, come se avesse capito — racconta il fratello gemello Mauro — che era Zoff, prima ancora che lui dicesse chi era. Spalancava gli occhi, è stato toccante». Da quei giorni di Natale i progressi sono timidi e lenti, ma ci sono. Marco respira con un tubo, è uscito dal coma ma ancora muove a malapena un braccio. Ma quel risveglio è sicuramente per i famigliari un segno enorme di speranza. Torre Pedrera è un centro specializzato per la riabilitazione. «Il momento peggiore lo abbiamo superato», dice pieno di speranza il fratello Mauro. Anche con l’aiuto di un amico e di un campione.

DICE LA MOGLIE Monica. «Ieri mi ha detto: ‘ Chiama l’ambulanza che torniamo a casa. Mi sa che è un po’ presto. Piano piano, cercheremo...»