Urbino, 23 gennaio 2013 - L'ingegner Carlo Giovannini, dirigente dei settori Urbanistica e Lavori pubblici del Comune di Urbino, il 31 dicembre 2012 è andato in pensione dopo 36 anni di lavoro. Laureato in ingegneria nell'aprile del 1976, a giugno divenuto ingegnere dopo l'esame di Stato, è stato chiamato per un incarico temporaneo in Comune a settembre dello stesso anno: dopo un periodo da precario, è stato assunto a tempo indeterminato in seguito a concorso.

Per anni ha svolto lo stesso incarico nel settore dell'urbanistica che si stava creando in quegli stessi anni, per iniziativa dell'assessore Ferriero Corbucci (padre dell'attuale sindaco, Franco) che voleva un ufficio apposito di pianificazione. Attorno agli anni '90, con la nuova normativa, ha assunto l'incarico di dirigente, poi da un anno e mezzo aveva avuto anche i Lavori pubblici. Davvero tanti i progetti visti e portati a termine in questi 36 anni, tante anche le persone incontrate, tra cui professionisti del calibro di Leonardo Benevolo, Giancarlo De Carlo, Livio Sicchirollo, conosciuti soltanto o con i quali ha collaborato per la nascita del piano regolatore di Urbino.

Qual è stato il primo progetto cui ha messo mano quando è arrivato in Comune a Urbino?

«Il progetto di Ponte Armellina: in quel periodo si stava facendo il piano particolareggiato, veniva ad Urbino l'architetto Pannella che con l'assessore Ferriero Corbucci impostava il piano che prevedeva che il Comune acquistasse tutte le proprietà e restituisse ai privati dei lotti urbanizzati; era un progetto all'avanguardia. A Ponte Armellina c'era una grandissima area edificabile per residenza, ma il Comune non voleva fare lì un'altra frazione: il Comune ha venduto all'asta l'area residenziale e chi comprava doveva fare le opere di urbanizzazione. E' stata fatta un'ottima operazione da un punto di vista urbanistico e il Comune ha gestito l'area in modo corretto: purtroppo il privato che ha vinto l'asta ha poi rivenduto ad altra ditta che ha poi speculato sulle costruzioni».

Qual è stato l'ultimo progetto cui ha lavorato, 36 anni dopo?

«Potrei dire sempre lo stesso, Ponte Armellina, anche se ce ne sono altri in contemporanea: adesso c'è infatti il progetto di riqualificazione urbanistica dell'area e speriamo di avere i finanziamenti previsti. Su ponte Armellina ricadono finanziamenti gestiti dalla Provincia per l'Erap e più di 3,7 milioni di euro del piano nazionale per l'edilizia sociale per metà stanziati dalla Regione, per metà dallo Stato. Per ottenere questi finanziamenti regionali noi abbiamo partecipato ad un bando e siamo arrivati al primo posto: c'è possibilità di avere quei soldi, mentre dallo Stato si attende la riconferma».

Qual è stato l'incarico che le ha dato più stimoli?

«L'esperienza con Leonardo Benevolo è stata molto istruttiva: negli anni '80 abbiamo lavorato alla variante al Piano regolatore per il centro storico e le aree agricole e c'è stata una ricerca per attuare la tutela del patrimonio della città. L'architetto De Carlo la riprese in toto nella stesura del suo piano regolatore: c'erano i rilievi degli edifici, il grado di trasformazione o lo stato di conservazione, le destinazioni, tutte le normative da applicare per consentire la tutela. Abbiamo scritto una normativa per le zone agricole che anticipava la legge regionale del '92: prima chiunque poteva edificare in campagna, poi si è stabilito che può costruire solo chi è imprenditore agricolo per evitare il proliferare delle costruzioni. Allora si individuò una porzione di zona agricola intorno al centro storico in cui non si poteva più costruire per preservare il paesaggio. Tutto questo è confluito nel piano di De Carlo e poi è servito per la redazione del dossier per l'iscrizione di Urbino nell'elenco dell'Unesco».

Da come parla sembra che la tutela della città e del territorio sia stata sempre presente nel suo lavoro fin dall'inizio...

«Secondo me, chi visita Urbino e il centro storico visita prima la periferia e il paesaggio agrario: questi influiscono sull'idea che ci si fa della città. Urbino è stata fortunata perché tanto è rimasto come 400 anni fa: gli urbinati non se ne rendono conto ma sono valori incredibili. Il paesaggio circostante vale quanto il centro storico: se dalla Fortezza guardi verso san Bernardino, vedi un paesaggio che lascia a bocca aperta; verso Maciolla e Rancitella le colline sono ugualmente splendide. Ricordo che nel 2002, per il 30ennale dell'Unesco, vennero delegati da tutto il mondo e io li portai proprio alla Fortezza: spiegai loro che quello che vedevano era tutto tutelato e rimasero esterrefatti per la bellezza del paesaggio e per il coraggio dell'amministrazione. Il paesaggio sostiene l'immagine del centro storico e se si vuole fare questo bisogna riqualificare quartieri fuori come Piansevero perché ormai molti turisti vanno in alberghi che si trovano là e vedono anche quella parte di città. Per riqualificare ci vogliono interventi che regolino il traffico, che non ci siano più macchine parcheggiate sui marciapiedi e che i marciapiedi siano percorribili».

Come si fa a fare queste azioni?

«I tecnici devono trovare le soluzioni: magari in alcune strade di Urbino non si potranno fare i marciapiedi su entrambi i lati, ma almeno da una parte sì, poi si possono rifare le pavimentazioni, riqualificarli, mettere ordine alla segnaletica, agli impianti pubblicitari, anche le piccole zone verdi devono avere una loro funzione e un ordine».

Perché tutto questo non è stato fatto?

«Bisogna ricordarsi che Urbino ha un bilancio di un piccolo paese, ci sono le priorità e le urgenze quotidiane che spesso non lo consentono, anche se magari non sono quelle che riqualificano l'immagine di Urbino. Noi abbiamo fatto in passato progetti speciali per avere finanziamenti pubblici con i quali rifare tutti i camminamenti dalla Piantata a santa Lucia e anche adesso abbiamo presentato un progetto in Regione».

Qual è stato, invece, l'incarico più complicato che le è stato affidato?

«Be', torniamo ancora lì: Ponte Armellina. La riqualificazione dell'area è complessa perché bisogna comprare i locali dai tanti proprietari. Adesso abbiamo chiesto la conferma dei finanziamenti e per il Comune ci sono sempre gli stessi, 1 milione di euro cui l'amministrazione aggiunge da Bilancio 200mila euro per le opere di urbanizzazione. Il progetto non è ridimensionato, come pensa qualcuno: abbiamo sempre detto che se su quattro stecche di appartamenti se ne riqualifica una e mezzo è un inizio, questo vuol dire cominciare pur sapendo che c'è altro da fare».

Cosa le dispiace aver lasciato in sospeso a dicembre 2012?

«Il Piano strategico e il Piano di gestione del sito Unesco che sono a metà: per il Piano strategico è stato ufficializzato il secondo documento di lavoro che emerge dalla discussione nei tavoli di lavoro e mostra i problemi di Urbino; anche se non si danno le soluzioni è importante perché la logica del Piano strategico è partecipativa e di condivisione. Per il Piano di gestione del sito Unesco, tra qualche giorno verrà resa pubblica la bozza che sarà sottoposta all'amministrazione e poi condivisa nei tavoli di lavoro; deve essere convincente che siamo in grado di tutelare il patrimonio e anche valorizzarlo».

Lei ha lavorato con Benevolo ma anche con De Carlo, come si è trovato a contatto con quest'ultimo?

«De Carlo aveva me e l'ufficio di pianificazione come interfaccia tecnica in città, abbiamo collaborato per scelte importanti, direi fondamentali, per la tutela del paesaggio la gestione delle aree agricole, le scelte delle aree di espansione. Avevo l'impressione che più problemi gli venissero posti più fosse contento: trovava comunque sempre le soluzioni».

Che direzione pensa che prenderà la città adesso?

«Ci sono ancora molte aree edificabili: Fontesecca, Gadana, Montesoffio e in ogni frazione è simile. La Regione ha fatto una normativa per cui non si possono indicare nuove aree se non sono finite quelle esistenti, che tra l'altro hanno già un piano attuativo approvato. Bisogna aspettare che si ricominci a costruire perché adesso proprio non è il momento. Penso che sia necessario riqualificare l'esistente: quando ho cominciato ancora Piansevero e Montesoffio non erano totalmente costruiti e questi quartieri nuovi, che ormai hanno 40, necessitano di nuove opere, di un riordino della viabilità e della sosta, in centro e fuori. E' molto importante perché questo ricostruisce l'immagine totale della città. Il problema che la gente non abita più in centro storico non si può risolvere velocemente, perché è il mercato che detta le regole e il Comune non può fare imposizioni per tenere le famiglie in centro. Bisogna pensare alle potenzialità, se la Città Campus ha più un senso, per esempio, se va bene che non ci sia nessuno il sabato e la domenica».

Suo padre Veris Giovannini è stato sindaco di Urbino: le ha lasciato un'eredità professionale?

«Mio padre è stato anche tecnico del Comune prima di essere sindaco nel dopo Guerra. E' difficile dire se c'è stata un'eredità in senso professionale, direi che è più nell'eduzione . Quando sono entrato a lavorare in Comune, nel 1976 le cose erano molto cambiate. Ho un ricordo però, di quando ero alunno alle medie: per rapporti familiari avevo conosciuto bene Sicchirollo e una volta in 3ª media l'insegnante ci portò tutti in consiglio comunale mentre si discuteva del primo Piano regolatore della città. Ricordo che già da allora pensai fosse affascinante che la città debba avere delle regole per crescere, proprio come noi».

Cosa farà adesso?

«Per legge non posso fare consulenze per il Comune in cui sono stato dirigente per 3 anni, quindi mi costruisco una nuova vita. Certo è che il rapporto d'amicizia con l'ufficio rimane e se ci sono collaborazioni con altri enti posso essere interessato, ma solo se tratta di progetti e attività stimolanti».

A chi l'ha chiamata il "Signor no" in questi anni cosa dice?

«Sono stato il "Signor no" nei confronti di chi faceva richieste improponibili, per altri ho sempre cercato soluzioni quando era possibile».

Carlo Giovanni ieri ha ricevuto il saluto della giunta comunale e del sindaco Franco Corbucci in Municipio.

di Lara Ottaviani