Urbino, 5 ottobre 2013 - E’ morto ieri verso le 14 Umberto Bernardini, 71 anni, una delle figure più significativa della sinistra nella nostra provincia dal dopoguerra ad oggi. Era malato da mesi e con silenzio e dignità ha lasciato i familiari nel primo pomeriggio (i funerali saranno forse lunedì). Pochi personaggi come lui hanno attraversato tutte le istituzioni locali e regionali, esternando sempre un senso del distacco che è proprio dell’intellettuale.

Bernardini era infatti considerato da tutti un politico - filosofo, con tempi di azione suoi, che lasciavano spazio alla scelta più ponderata. Non era facile negli anni Ottanta, quando si imponevano già le filosofie del rampantismo e dell’efficientismo a tutti i costi. Lui — della scuola di Pasquale Salvucci — non aveva bisogno di ricordare che era docente di Filosofia morale all’università di Urbino. Lo si capiva da come parlava, da come impostava i discorsi.

"Mi consideravo un suo allievo — ricorda Angelo Giuliani — ed ha insegnato a tutti che la politica, con la p maiuscola, è un momento pedagogico. E’ stato maestro di generazioni. Poi come dirigente del Pci è stato unico, capace di declinare la complessità delle cose con un approccio transdisciplinare. Attraversava i vari saperi con noncuranza, aveva una marcia in più. In ultimo fece grandi investimenti nella tutela del paesaggio e nella protezione della natura".


L’anima poliedrica di Bernardini è ricordata con commozione da Franco Corbucci, sindaco di Urbino. "Con la mia famiglia c’era un grande rapporto. Ricordo che veniva da mio padre per andare a cercare i funghi con lui. Era un uomo determinato, ha dominato i nostri anni Settanta. Poi la passione per la politica lo portò persino a fare il sindaco di Monte Grimano Terme".


"Quando assunse quel ruolo — ricorda Palmiro Ucchielli, presidente della Provincia dopo di lui — mi cercava per aiutare il Comune al quale teneva così tanto. Ero molto legato a lui — racconta — e mi rimproverava che ero “frettoloso”. Lui diceva che si doveva riflettere ulteriormente prima di agire. La sua preparazione soprattutto culturale si vedeva nell’ottimo lavoro che fece nell’organizzare l’ufficio urbanistica della Provincia. Aveva doti uniche, riusciva persino a tenere a bada Vito Rosaspina, che era uno abituato a decidere tutto in tre secondi".


Giorgio Londei, aveva con lui un rapporto speciale. "Ricordiamo le cose importanti che fece — afferma il senatore ed ex sindaco —. Nel 1991 quando fece modificare lo Statuto della Provincia, si preoccupò — riallacciandosi al nostro ruolo di capitale del ducato — di far inserire che Urbino è capoluogo e non “co-capoluogo” di Provincia. Ebbene, se abbiamo salvato il tribunale è per questo, per questa sua attenzione che arrivò anche — in accordo col ministero degli interni — a far cambiare la targa della Provincia da “PS”, in “PU”. E’ stata una grande testa pensante, una persona positiva, pervicace e deciso. E tante volte simpatico. Un esempio? Quando c’era la battaglia per la gestione dell’azienda turistica, si rivolgeva ai pesaresi con queste parole: “Cosa capite voi di noi. Al mare lavorate a luglio e da noi si va in vacanza in luglio...”. Con lui si potevano condividere le idee o no, di certo era un arricchimento parlarci".

Anche Loris Mascioli, suo amico da sempre, è commosso: "E’ stato un dirigente di primo piano nel Pci, ma la formazione filosofica era fortissima, era allievo di Lidia Massolo. Ci mancherà tanto". Per Frank Fedrigucci a capo del Pd di Urbino, la sua scomparsa "è una grave perdita perché sapeva darci consigli, era una persona di grande valore umano e politico".
 

g. l.