"A scuola non faremo entrare i bimbi di Borgo Pace"

Il sindaco di Mercatello sul Metauro vuole scongiurare la chiusura delle classi del comune vicino. E propone un rimedio estremo

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Fernanda Sacchi, sindaco di Mercatello sul Metauro e presidente dell’Unione Montana Alto Metauro, interviene sulla chiusura delle classi prime nei comuni dell’entroterra con una lunga ed accorata lettera: "È giunta l’ora – scrive la Sacchi – che ognuno di noi si prenda la responsabilità di guardare negli occhi famiglie e bambini dell’entroterra, dicendo loro “Mi spiace, il tuo futuro dipende da un algoritmo che misura il risparmio“. Dal canto mio non lo farò! Non farò entrare i tre bambini di Borgo Pace nella scuola di Mercatello sul Metauro. Perché quello che succede a Borgo Pace a breve succederà a Mercatello e poi in qualche altro piccolo comune e non è giusto. Ho ed avrò il coraggio di stare sempre dalla parte di quella popolazione troppo labile per essere al centro dell’attenzione. Che senso ha una scuola pubblica che invece di includere, diventa essa stessa motivo di divisione, esclusione, barriera? Che senso ha parametrizzare la cultura di un territorio con la logica del taglio? Si parla tanto della ricchezza nell’eterogeneità dell’entroterra, ma è proprio sulla pelle di questa realtà che si scarnifica quel poco che ancora c’è da togliere. Si parla di decrescita demografica, di come mettere in capo strategie per ripopolare i nostri centri e poi i primi tagli che avvengono sono proprio sulla scuola, sulle piccole scuole dell’entroterra per essere precisi".

Questa vicenda è lo spunto per una riflessione più ampia sulla salute dell’entroterra: "Mi chiedo se si possa pensare solo ed esclusivamente con una visione di numeri – continua la Sacchi –. A quanto pare c’è chi lo fa: slogan e cotillon durante certi periodi elettorali, forbici e numeri quando i seggi sono smontati e messi via. Forse al dirigente che viene da Ancona a pontificare sembra semplice, ma non lo è affatto: per una famiglia significa non investire più in quel piccolo borgo, non stare più lì, perché i bimbi cresceranno nel centro più vicino, quello un po’ più grande, e alla lunga il lavoro si troverà lì, invece di investire nel paesello lasciato andare all’inferno nella realtà… Viviamo in un tempo in cui è necessaria, ora più che mai, una riflessione sul presente della nostra generazione e sul futuro delle generazioni a venire: la scuola in primis è formatrice e promotrice di cultura, tolleranza, sostenibilità e pace. Tagliamo proprio i suoi rami? In nome di quale progresso? Chiudere la scuola di un paese significa non avere un fulcro culturale, significa perdere il principale centro di aggregazione, significa spostarsi, significa considerare il luogo dove vivo meno di quello dove vado a scuola, amici e interessi non nel piccolo borgo, che piano piano si svuota, nessuno ci investe neppure un centesimo".

Per finire la Sacchi pone una domanda: "Ma non eravamo, noi dell’entroterra, quelli da preservare, curare, difendere? Noi, panda giganti dell’Alta Valle del Metauro, non eravamo quelli da non far estinguere?".

Andrea Angelini