E’ morto un gigante. E’ morto Carlo Moschini, l’uomo che ha portato la vetroresina in Italia. L’uomo che ha cambiato i processi produttivi della cantieristica. Non solo a Fano, ma anche in Italia perché da lui per i ‘gusci’ degli yacht si rifornivano anche i grandi brand del settore, dalla Ferretti, alla Pershing, dalla Benetti all’Azimut, fino a tutti gli altri produttori marchigiani. Dice Ludovico Doglioni, architetto navale che ha lavorato al suo fianco per oltre 20 anni: "Un grande uomo, un grande innovatore ed anche una persona umile perché arrivava in cantiere, si toglieva la cravatta, metteva la tuta da operaio e scendeva in cantiere a lavorare con la maestranze. Un grande innovatore".
Carlo Moschini aveva 88 anni e lascia oltre alla moglie Lucilla anche due figli Marco e Franca. I funerali si svolgeranno oggi pomeriggio alle 15 nella chiesa di Caminate.
Una storia molto particolare quella di Moschini, laureato in ingegneria navale all’università di Genova e trasferitosi a Fano, lui nato in Ancona, poco dopo la laurea. Poi l’imbarco per un paio di anni nelle navi della Esso il colosso degli idrocarburi. E proprio in un viaggio negli Stati Uniti, in un centro di ricerca della Esso, vede i primi esperimenti per arrivare alla composizione delle vetroresina, un mix di fibra di vetro e resina. La città negli anni Sessanta stava assegnando gli spazi nell’area portuale e in un capannone iniziò le prime lavorazioni, ma per il settore della pesca. Mondo a lui congeniale perché era un dipendente della Rima, il registro navale in una città che viveva sul mare e per il mare. La svolta arriva nei primi anni Settanta quando presenta al salone di Genova un motopesca che esce dai canoni classici costruttivi del legno o del ferro perché lo scafo era in vetroresina. La svolta dimensionale e professionale del cantiere Moschini. Perché al salone di Genova incontra Norberto Ferretti, poi spessissimo a Fano. Nascono i primi ‘gusci’ per gli yacht e le tecnologie si affinano a tal punto che arriva la costruzione di uno scafo di 40 metri, il più grande del mondo all’epoca, per lo yacht del banchiere Orazio Bagnasco.
Nei periodi di maggiore splendore alla Moschini hanno lavorato da 170 a 200 persone e c’era anche uno studio tecnico con una stampante 3D, per creare i modellini, vero futurismo per quei tempi. Versatile ed innovatore, realizzò mototovedette per la Finanza ed anche mini sommergibili di 11 metri per gli incursori della Marina. Poi la cessione dello stabilimento al gruppo Azimut Benetti. Carlo Moschini è stato anche docente tra gli anni ’70 e ’80, all’Itis di Urbino, dove vi arrivava in Renault 4, ed era talmente amato dai suoi allievi che era ospite fisso alle cene delle classi anche dopo 30 o 40 anni. E lui andava sempre.
m.g.