Addio ‘Tom’, la Vis Pesaro ha perso la voce

Improvvisa scomparsa di Umberto Tomassini, per mezzo secolo speaker del Benelli. Raccontò le grandi stagioni biancorosse

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di Giorgio Guidelli

L’eredità di ‘Tom’ è un centimetro e qualcosa per tre. Bianca e blu. Se la metti nell’hard disk, si mette a canterellare: "Sei la squadra del cuorbianco e rosso è il nostro color". Dormiva in un cassettino metallico del Carlino. In quel pezzettino di plastica c’è tutto Umberto Tomassini, per mezzo secolo voce del calcio e del Benelli. Voce gutturale e animosa della Vis. Quel pugno di megabyte ‘Tom’ l’aveva consegnati al giornale, in lacrime, nel giugno 2017, quando di punto in bianco si era deciso che la sua voce non era più al passo coi tempi. E neanche la sua valigia di inni vissini datati e stantii. Così, a singhiozzi, l’aveva messi in chiavetta e donati al quotidiano del cuore.

L’altra notte, alla vigilia di un patetico match con la Virtus Verona, il cuore biancorosso di ’Tom’ ha smesso di battere. All’improvviso. S’è spenta la voce del Benelli. E, sul campo, è calato un freddo gelido. Perché, sconfitta a parte, non un minuto di silenzio gli è stato dedicato. A lui che, dal ’72, ne avrà annunciati a centinaia. Così Umberto ha lasciato lo stadio in silenzio e tale e quale l’ha ritrovato, in un pomeriggio pungente, dove la memoria ha dimenticato la memoria. Così, da ’Maremma’ Mainardi, passando per ’il mister’, Walter Nicoletti, Angelino Becchetti, Alberto Ghiandoni, Mario Nicolini e decine di altri angeli biancorossi, alla Vis un’altra bandiera s’è ammainata sul pennone della storia e del blasone. ‘Tom’, 74 anni, lascia la moglie Gigliola e un cuore gonfio di Vis, ma anche di passioni per lo sport e il motoclismo. Collezionista raffinato di pezzi storici, era un’icona della città dello sport. Quella vera. E senza etichette patinate. Ai suoi funerali, martedì alle 15.15, alla chiesa di Sant’Agostino, non mancheranno fuori della chiesa esemplari a due ruote cui ha dedicato la sua vita. I suoi occhi buoni li vedevi in corso XI Settembre, spesso al portone di quella banca che per quasi un secolo è stata la casa dei pesaresi, l’ex Cassa di Risparmio, dove lavorava e dalla quale era in pensione. Perché anche ’Tom’ era parte di quella tribù di impiegati e bancari che più d’un lavoro, tra quelle pareti, svolgevano un servizio. Umberto mise piede alla sede nel ’67. A due passi da lì, imboccata la piazza, c’era quella della Vis, col cartello in verticale, bianco e rosso, a palazzo Baviera. Il calcio era in cima alla piramide delle passioni. E alla Vis decise di dedicare tutte le domeniche che aveva fatto il Signore. Valigia, passo meditato e su per la scala della tribuna, prima quella in tubolari, poi quella un po’ più vera. Cuffia, microfono e il mantra: "Amici sportivi, un saluto dallo stadio Tonino Benelli". Voce rimbombante, gutturale, ma senza piroette manieristiche e costruite. S’iniziava a sentire dal sottopasso di via Rossi, poi in via Dandolo diventava forte e chiara. Un rituale vocale senza sussulti, fuori dal tempo e dalle situazioni. Un cartello stradale fatto di suono. Che odorava di Pantano, di pini marittimi e gradoni. Che scandì le stelle degli anni Settanta, il Medioevo di Interregionali e Promozione, le cavalcate trionfali del duo Nicoletti-Margelloni, le ere della C dirompente fino agli anni Duemila e le calate agli inferi prima del ritorno tra i prof.

Zitto zitto, ‘Tom’, dopo un Vis-Campobasso rimasto nella memoria, infilò nel vetusto mangianastri del Benelli un inno di quelli che ricordavano la sciarpa in lana biancorossa e i Borghetti nel cilindretto di plastica: "Alè, alè, alè, alè, Forza Vis, alè, alè". Ne era orgoglioso. Ma poco dopo sparì dal gabbiotto. E nessuno l’ha più visto sui gradoni. Il suo cuore continuava a battere. A vampate biancorosse. In silenzio. Ma col frastuono in quei ricordi della chiavetta lasciata al Carlino. La sua eredità. Che ancora risuona: "Centenaria societàla più grande della cittàche mai sola resterà". Addio ‘Tom’, la Vis ha perso la voce.