Affondato il progetto di Renzo Piano: ora la verità

Il rapporto tra la città e il grande urbanista risale al 1987. Perché il suo lavoro per il Petriccio venne “fatto fuori“? Un “no“ pesò più di ogni altro

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di Giovanni Volponi

Il Petriccio non trova quiete. Nonostante il plauso unanime per la permuta stipulata lo scorso 10 maggio tra Università e Comune, per unire sotto l’ateneo tutti i terreni che serviranno all’erezione della nuova facoltà di scienze motorie, su queste pagine si è consumato un botta e risposta tra l’architetto Enrico Londei, assessore all’urbanistica negli anni ’85-’90, e il sindaco di allora Giorgio Londei, in merito ad un progetto firmato per quell’area da Renzo Piano che però fu cassato.

L’ex sindaco asseriva: "Il progetto alla fine non partì per mancanza di accordo fra le proprietà. Vero è anche che le norme del Prg per l’area erano di Giancarlo De Carlo. Con Piano ebbi più incontri per ottenere il finanziamento per il piano dei parcheggi che, alla fine, fu di quattro miliardi di lire, a fondo perduto. I nostri rapporti furono ottimi: dopo la consegna del progetto a lui dissi direttamente, e non per interposta persona, che per quanto riguardava il Petriccio non esisteva, purtroppo, accordo fra le proprietà".

Ora l’ex assessore Enrico Londei torna sulla questione, e lo fa assieme all’imprenditore Giancarlo Bertozzini, coinvolto in prima persona nelle vicende di allora. Li abbiamo incontrati assieme nel polveroso parcheggio che dovrà attendere ancora diversi anni per divenire un polo universitario. "Ci teniamo a raccontare nel dettaglio tutta la vicenda, che ci lasciò amareggiati per come finì e crediamo che per Urbino fu un’occasione mancata di enorme portata".

Enrico Londei inizia dal principio: "Conobbi personalmente Renzo Piano nel 1980, grazie a un amico comune, e lo sentii e vidi alcune volte negli anni successivi. Poi nel 1985 venni eletto in Comune e diventai assessore all’urbanistica nella giunta Londei (nonostante l’omonimia ci tengo a precisare che non siamo parenti); pochi giorni dopo venne promulgata la seconda legge speciale per Urbino, promossa da Paolo Volponi, che doveva servire per costruire infrastrutture turistiche. Il Comune si attivò subito e sentì la ditta di Perugia RPA, che nel capoluogo umbro aveva realizzato le scale mobili, per elaborare finalmente un piano dei parcheggi. Il progetto non fu però affidato perché la RPA si sciolse poco prima della delibera di affidamento; fu a quel punto che pensai di chiamare Renzo Piano".

Prosegue Enrico Londei: "Andai da lui a Genova all’inizio del 1987 assieme al sindaco Londei, al vicesindaco Baiardi e all’assessore De Santis. Piano ci accolse gentilmente ma puntualizzò subito che non avrebbe mai redatto un piano regolatore. Noi lo tranquillizzammo, e lui accettò di elaborare il piano dei parcheggi. Si vedeva che era fiero di poter lasciare la sua firma in una città come Urbino, e lo dimostra il fatto che accettò di essere pagato la stessa somma che era stata impegnata per la RPA, senza proporre lui la cifra. In primavera Piano venne due volte a Urbino per studiare la città e ci rincontrammo anche alla presenza del sindaco. Il piano dei parcheggi riguardava soprattutto l’area di porta Santa Lucia, che doveva essere completamente interrato, poi una serie di piccoli parcheggi. Mise a capo del progetto il suo braccio destro, l’architetto giapponese Shunji Ishida. A novembre poi invitò me e Londei a Parigi per l’inaugurazione di una sua mostra alla Sorbona: andammo e quella fu l’ultima volta che il sindaco lo vide, per altro sempre in mia presenza".

Nel frattempo, l’imprenditore Bertozzini, a cui era stato proposto dal geometra Bino Bernardini di intervenire al Petriccio, su invito dell’amministrazione contatta Piano per commissionargli il progetto di un grande centro direzionale, ovvero composto per metà di appartamenti e metà di uffici e negozi. Era una committenza totalmente privata che presupponeva di ottenere la proprietà dei terreni in questione dai vari possessori.

"Incontrai Piano – racconta Bertozzini – in occasione della sua seconda visita di studio per i parcheggi e gli feci la proposta. Fu subito entusiasta; io avevo già un preaccordo col Comune e con Bernardini, proprietario dello stabile dell’ex mutua, per la cessione. Mancava solo la parte dell’università, ma ero fiducioso. Il 28 aprile 1988 Piano inviò a Urbino i progetti sia per i parcheggi che per il Petriccio. Io pagai subito la parcella di 70 milioni di lire, una cifra bassissima, perché ci teneva a lavorare a Urbino".

Anche il Comune paga per il piano dei parcheggi, con annesso progetto definitivo. Poi però poco dopo, a maggio, i soldi della legge speciale accantonati per i parcheggi (circa un terzo del totale) spariscono. "Di punto in bianco – continua Enrico Londei – vengono stornati per altri fini totalmente avulsi dai parcheggi e dalle attività turistiche". Ma le brutte notizie non sono finite: nel 1989 l’università informa Bertozzini che non voleva cedere il terreno e gli stabili dell’Isef. "Il diniego dell’ateneo – conclude Bertozzini – era dato dal fatto che Bo non voleva un’opera di Piano a Urbino. Il sindaco Londei mi invitò quindi ad andare a Milano da De Carlo per passare a lui l’incarico del Petriccio, ma saltò anche con lui perché non voleva coinvolgermi nell’ideazione. Da quel momento Piano ha cancellato Urbino dalla sua vita: e come dargli torto?".

Urbino ha dunque chiuso le porte a Renzo Piano. "Questa è la triste verità – chiude Enrico Londei –, e per averne conferma basta chiedere a lui".