Da ieri è stato aperto il cantiere per il restauro della fontana di piazza di Cagli e la Ditta specializzata, la Gamma srl di Fano, ha avuto l’incarico dei lavori. L’antica fontana al centro della città è tre le più belle della nostra provincia, fu opera di Mastro Giovanni Fabbri, deceduto il 31 marzo 1767 all’età di 65 anni.
La realizzò su disegno dell’architetto Anton Francesco Berardi ed a suo tempo egli fu famosissimo e molte sue opere si trovano ad Urbania, Fossombrone e anche in diverse chiese della Romagna. A rivelare nuove curiosità e notizie in particolare sul materiale di pietra impiegato per questa storica fontana è l’appassionato dell’arte locale Renzo Savelli di Fossombrone: "Confesso che mi fa piacere vederla tornare all’antica bellezza. Nel corso dei miei studi sugli scalpellini santippolitesi – afferma Renzo Savelli – di cui è di prossima uscita un apposito libro, ho trovato alcune notizie proprio sulla fontana di Cagli e sono lieto di renderle note. Alle falde del Monte Nerone nel territorio di Piobbico si trovavano due cave, definite dai cavatori del posto, di travertino, uno più bucherellato e uno molto meno. Questo tipo di pietra resiste benissimo alle intemperie ed è ottima per ogni tipo di decorazioni esterne. In realtà è un calcare massiccio, che all’apparenza assomiglia davvero al travertino e poiché allora la geologia non aveva ancora spiegato le diverse formazioni delle rocce, ci si limitava alla forte somiglianza fra le due specie litiche. Tale tipo di pietra era noto fin dall’antichità e anche Bernardino Baldi (1553-1617), il grande intellettuale urbinate che tanto scrisse sulla sua patria e sul palazzo ducale voluto da Federico da Montefeltro, parla estesamente dell’argomento. “Il travertino si cava da dodici a tredici miglia lontano da Urbino da un monte, che per essere ordinariamente nero per l’adombrare delle nebbie e delle caligini si chiama Nerone, e da alcuni corrottamente Lirone. Questo è sulla riva del Metauro, sopra un castello detto il Piobbico, di cui sono padroni alcuni Conti della famiglia de’ Brancaleoni. In cima di questo monte sono le cave de’ travertini, e vi si vedono grotte e caverne profondissime, lasciatevi nel cavar le colonne e l’altre pietre per uso di questa fabbrica“, cioè il palazzo ducale di Urbino. Della proprietà e dell’uso di questo travertino si hanno tuttavia successive testimonianze, particolarmente preziosa quella del notaio Pietro Paolo Torelli".
"Il Torelli – prosegue Savelli – non si limitava a parlare solo dei suoi tempi (1776-1790), ma allargava la sua testimonianza anche a periodi molto più lontani. Diamogli la parola: “E per rispetto ai tempi più addietro mi costa per scritture vedute, e lette da me stesso in diverse occasioni, che per aver licenza di cavar di dette Pietre ricorrevano, e s’indrizzavano alli Signori Conti Brancaleoni. Così mi ricordo aver letto lettere del Commune di Cagli; quando quei Signori fecero la Fontana publica“. Ecco una preziosa indicazione – dice Savelli – per ulteriori ricerche nell’archivio del comune di Cagli per sapere quali furono i costi, chi nella cava effettuò lo scavo, quando il travertino fu portato a Sant’Ippolito, quando gli elementi della vasca, lavorati da Giovanni Fabbri, furono portati a Cagli e assemblati. Il notaio Torelli continuava a parlare dell’uso di quel travertino del Nerone quando intorno nel 1636, venne anche impiegato per abbellire la chiesa, e facciata della Confraternita di san Giovanni Evangelista di Urbania oltre all’impiego per la realizzazione della Torre dell’Orologio. Mastro Giovanni realizzò anche a Fossombrone nel 1753, come risulta dall’apposita scritta, un’artistica fontana situata nella Piazza della Fonte che da circa un secolo e mezzo venne dedicata a Giuseppe Mazzini".
Mario Carnali