di Roberto Damiani
E’ una lettera firmata da Maria Luisa Fornaci, casalinga, pesarese, madre di quattro figli, morta nel 2011 a 88 anni. Parla del passaggio della guerra a Sant’Angelo in Lizzola, delle mine tedesche disseminate tra le mura del castello, delle famiglie asseragliate dentro e impossibilitate ad uscire. Rivela che a salvarle fu Benvenuto ’Aldo’ Temporin, di Monselice, trasferitosi a Pesaro, che, a 29 anni, rischiò la sua vita per difenderne centinaia. Venne ripagato con un sacchetto di farina. Due paginette di storia locale battute con la macchina da scrivere e lasciate in un cassetto di casa per oltre 18 anni. Maria Luisa voleva ricordare un fatto della sua vita e lo ha messo per iscritto, ma senza rivelarlo a nessuno. Quella lettera è stata ritrovata per caso nei cassetti della camera della donna, qualche mese fa, dal fratello Cesare (nella foto), ad oltre dieci anni dalla morte della sorella. Cesare ha capito che quelle righe dovevano esser rese note e le ha consegnate alla nostra redazione dicendo: "Mia sorella sarebbe stata contenta. E’ bene far sapere tutto della guerra".
Una lettera senza sbavature, ricca di particolari di cronaca. In particolare Maria Luisa ricorda di esser stata sfollata da Pesaro a Monteciccardo all’età di 21 anni insieme alla sua famiglia, compreso il fratellino Cesare che aveva 1 anno. Sapeva perfettamente che nella vicina Sant’Angelo in Lizzola i tedeschi avevano minato le mura del Castello ed aveva la certezza, perché tutti ne parlavano, che un giovane aveva rotto l’assedio della Wehrmacht per tagliare la miccia che altrimenti avrebbe fatto deflagrare gli ordini sparsi intorno alle mura oltre alle esplosioni che avevano già raso al suolo il teatro Perticari. Ciò che la donna non poteva sapere perché nessuno glielo aveva saputo dire, era il nome di quel coraggioso uomo. Lo ha scoperto per caso, nel 2004, camminando in viale Trento a Pesaro dove conobbe la vedova Temporin (morto nel frattempo nel 1980, a 65 anni) che le rivelò il nome di quell’eroe rimasto sconosciuto: il marito Benvenuto ’Aldo’ Temporin. I protagonisti sono tutti morti da tempo, ma abbiamo rintracciato il nipote dell’eroe sconosciuto, Raul Raffaelli, che ricordava quel nonno che parlava molto poco del tempo di guerra: "Né a me né a mia sorella ha mai rivelato quanto era successo in quei giorni a Sant’Angelo in Lizzola. Era molto riservato, parlava poco come tutti gli uomini di quella generazione che aveva conosciuto la guerra. Mio nonno ebbe una pensione di invalidità di guerra per problemi ai polmoni, ma non ci parlò del suo gesto, forse per pudore. Ma questa lettera – dice Raul Raffaelli – ci fa enormemente piacere perché riconosce il valore e l’altruismo di mio nonno". Dice Alessandra Mindoli, storica di Sant’Angelo in Lizzola: "Nessuno ce ne ha mai parlato di Benvenuto Temporin, ma è certo che il paese era stato messo a ferro e fuoco dai tedeschi in ritirata. La lettera della signora Fornaci svela però ciò che non sapevamo".