Alessandro, casa addio Consegnate le chiavi "È dura andarsene Ma ora ripartiremo"

Il 26enne disabile e la famiglia hanno lasciato l’abitazione venduta all’asta. Adesso una sistemazione provvisoria, poi il trasloco definitivo. Il padre: "Grazie a prefetto e questore, da Ricci neanche una telefonata".

Alessandro, casa addio  Consegnate le chiavi  "È dura andarsene   Ma ora ripartiremo"

Alessandro, casa addio Consegnate le chiavi "È dura andarsene Ma ora ripartiremo"

di Elisabetta Rossi

"È pesante, mi dà fastidio uscire da questa casa, ma ormai l’abbiamo metabolizzato tempo fa. Abbiamo preso il toro per le corna: dobbiamo andarcene e ce ne andiamo. Ma alla fine lasciare questo mazzo di chiavi, anche se piccolo, mi toglie un gran peso. Ora tiriamo una riga, voltiamo pagina e andiamo avanti". Un addio tra sollievo e amarezza quello di Alessandro Moneti e della sua famiglia che ieri mattina, tra flash, telecamere e taccuini, hanno compiuto l’ultimo atto della travagliata vicenda che li ha visti protagonisti: la consegna delle chiavi della loro casa di Soria, confiscata e venduta all’asta, al custode giudiziario, l’avvocato Alberto Pratelli. Ora il legale, nelle sue vesti di pubblico ufficiale, le passerà alla nuova proprietaria che da mesi rivendica lo sgombero dell’immobile. Un braccio di ferro che si è concluso ieri dopo mesi di trattative e sei rinvii.

"Siamo riusciti a mettere la parola fine non nel modo migliore in cui speravamo noi – continua il 26enne agricoltore seduto sulla sua carrozzina dove lo ho costretto un pirata della strada che lo ha travolto il 25 maggio 2014 – ma va bene lo stesso". I Moneti avevano chiesto infatti alla nuova proprietaria di farli restare ancora un altro mese. Ma la risposta è stata negativa. Ad accoglierli è stata ora una zia, Beatrice, che li sta ospitando in un appartamento vicino al Miralfiore. "Abbiamo un appoggio che non è adeguato, è piccolo, ma che ci può ospitare tutti e quattro insieme, che non è poco – riprende Alessandro – noi come famiglia abbiamo la coscienza a posto con tutto e con tutti. Abbiamo fatto il meglio per fare il prima possibile con le migliori soluzioni. Spero che le persone che hanno partecipato a questa vicenda dalla parte opposta, abbiamo la coscienza a posto come l’abbiamo noi. Con la dignità, ci troviamo ad essere in pari, non abbiamo perso né guadagnato. Spero di non aver dato modo di pensare della nostra famiglia qualcosa di sbagliato. Di sicuro, ringraziamo le istituzioni che ci hanno aiutato, come la Prefettura e il prefetto in persona, la Questura e il questore, la Coldiretti, la consigliera regionale della Lega Anna Menghi, l’assessore Enzo Belloni che è stato come una mano sulla spalla, uno di famiglia".

Ma sul Comune, è il padre Giuseppe a togliersi un sassolino dalla scarpa: "Il sindaco Ricci non ha mai fatto una chiamata – commenta con amarezza – ma di cosa ha avuto paura? Che con noi aprisse un precedente? Ma di cosa? Siamo una famiglia che affronta ogni giorni gli ostacoli di una persona in carrozzina, abbiamo bisogno di aiuto. Ma in questo il Comune è mancato. Il prefetto ha fatto tutto quello che poteva, il Questore lo stesso, gli agenti sono stati di una delicatezza unica con noi. Non posso dire lo stesso del Comune". La storia avrà però un nuovo capitolo. Il 15 maggio sarà un’altra zia, Fernanda, ad aprirgli la casa, come aveva promesso. Intanto, sempre a maggio, sarà il processo per l’incidente di Alessandro a fare passi avanti. Sarà ascoltato il testimone che avrebbe visto l’auto pirata. Quel testimone che per Alessandro "è un barlume di luce e speranza che si è acceso in un momento di buio".