Allarme siccità, il Metauro soffre Ma i pozzi tengono e la costa respira

Queste le risultanze dell’incontro pubblico sull’acqua avvenuto a Cagli. Sindaci contrari a nuovi invasi

Migration

"Speriamo di dare inizio a un percorso", dice il sindaco di Cagli Alberto Alessandri. Per ora il percorso dell’acqua è quello solito: ad ogni crisi idrica si aprono i pozzi – Sant’Anna e Burano – e l’acquedotto della costa respira. Il Metauro meno, visto che gli hanno ridotto il deflusso minimo vitale da Tavernelle, da 700 a 400 litri secondo. I pozzi invece sembrano star bene, e lo confermano i dati forniti dai tecnici della Regione. Queste, in sintesi, le risultanze dell’incontro pubblico sull’acqua avvenuto a Cagli. Poco affollato, in verità, e il sindaco di Cantiano Alessandro Piccini non ha mancato di rimarcarlo: "I dibattiti non si fanno su facebook o al bar". Altresì evidenziata la latitanza di molti comuni in materia di ordinanze anti sprechi: le hanno firmate 35 sindaci su 51. I primi cittadini di Cagli e Cantiano, in premessa, hanno ribadito la loro posizione sul tema, quella sottoscritta dall’assemblea dei sindaci in sede Ato a dicembre 2021 e definita "un passo storico": primo, riduzione delle perdite sulle reti (ora al 34%), secondo pulizia degli invasi esistenti. E il progetto del grande lago sull’alto Candigliano? "Non ci stiamo a questo gioco", ha tagliato corto Alessandri. Dopodiché il consigliere regionale Giacomo Rossi ci ha messo il carico: "L’Ato va fermato quando propone stronzate (testuale, ndr) di invasi in posti a rischio idrogeologico".

Per inciso, anche la Regione appare scettica in proposito. Ben altra la posizione di Rossi sull’ipotesi di invaso nell’ex cava di Sant’Anna – partita da questo giornale – per la quale vuole battersi.

Stato dei pozzi. Sant’Anna (150) e Burano (200) forniscono 350 litri secondo al sistema. Dopo giorni di assestamento – ha spiegato Francesco Bocchino – la situazione si è stabilizzata e quella risorsa, sommata al deflusso naturale del Metauro-Candigliano (600-700 ls) mantiene in equilibrio il bilancio tra prelievi e deflussi. Bocchino ha fornito una mole di dati, spiegando come cambia pressione e ricarica degli acquiferi in relazione agli emungimenti: in annate di forti prelievi, come il 2021, il pozzo Burano ha impiegato 48 giorni dopo la chiusura per tornare a regime. Altro dato interessante: quel pozzo, alimentato dal Catria, oltre al circuito profondo (il che rende le acque ricche di sali, come solfati e magnesio) ha anche un’alimentazione superficiale, e lo si vede dopo le precipitazioni. Ancora: il prelievo dai due pozzi non sembra interferire con le sorgenti monitorate.

Sfangamento invasi. Pulire Furlo, S. Lazzaro e Tavernelle farebbe recuperare 1,5 milioni di metri cubi. Si partirà dal Furlo – fa sapere il geologo della Regione Davide Piccini – ma sarà un percorso arduo, perché bisogna avviare 17 procedimenti e i piani finora presentati non hanno livello di dettaglio adeguato. Dopodiché incombe anche il 2029, scadenza della concessione Enel. Animato il dibattito. Tante domande, poche risposte. Michele Ranocchi, direttore Ato, si dice d’accordo sulla necessità di rimettere mano al piano degli acquedotti. E al piano di bilancio idrologico, ha aggiunto Piccini. Ancor più doveroso, nella provincia dei fiumi scomparsi. A proposito: qualcuno ridarà acqua al Giordano? La domanda cade nel vuoto, come sempre.