
Una fase del convegno degli oncologi marchigiani, ieri, al Collegio Raffaello. Snocciolati dati e metodologie di cura
Sono 90 gli oncologi che ieri si sono riuniti nel Collegio Raffaello per il 15° "From Chicago to Pesaro Urbino: update in oncologia", appuntamento che permette agli specialisti marchigiani di confrontarsi sulle novità emerse dal congresso annuale della Società americana di oncologia clinica, il più importante al mondo. Presieduto dai direttori di Oncologia di Fano - Pesaro e di Urbino, Rita Chiari e Vincenzo Catalano, che ne è anche direttore scientifico, è nato per consentire un constante aggiornamento agli oncologi su ricerche, controversie e risultati presentati. "Sono spesso studi che non trovano applicazione immediata, ma che serviranno per cambiare i trattamenti, e questo è anche un momento di confronto tra noi – spiega il dottor Catalano –. Quest’anno il claim di Chicago era "Trasformare la conoscenza in azione: costruire un futuro migliore". Dato che fronteggiamo diagnosi in età sempre più precoci e che a livello mondiale si prevede un incremento dell’80% di pazienti con meno di 50 anni, dobbiamo prepararci a esigenze diverse: i giovani hanno famiglia e lavoro, quindi si devono gestire anche gli effetti collaterali. Ormai l’oncologo non fa più solo l’oncologo".
In questi anni, il trattamento dei tumori sta cambiando, abbandonando progressivamente gli schemi standard del passato, ma aumentando il lavoro dei medici: "Dove possibile, usiamo l’immunoterapia, la terapia a bersaglio molecolare o, se necessario, le combiniamo con la chemioterapia – prosegue Catalano –. Un paziente che, magari, prima vedevamo due volte l’anno, ora lo vediamo anche una volta al mese, perché tali terapie necessitano controlli più frequenti, ma generalmente sono più efficaci". Novità che hanno portato a un innalzamento del livello dei trattamenti in tutti i centri, Urbino compresa: "Da un po’ di anni consentiamo di effettuare gli esami nei laboratori del territorio, così da evitare degli spostamenti al paziente. Questo è un retaggio positivo del covid. Tutti i centri della nostra Ast garantiscono trattamenti secondo le linee guida, somministrando quello più efficace sotto casa, e in ciò è fondamentale l’integrazione dell’ospedale col territorio. L’altro aspetto positivo è che i casi sono discussi in maniera multidisciplinare da un’équipe: le Marche si sono dotate di diversi Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali". Poi, però, oltre alle cure c’è la prevenzione, come dice Catalano: "Il tumore più frequente in Italia è quello alla mammella, ma il miglioramento dello screening permette di individuarlo prima. C’è invece da lavorare sul tumore al colon retto, perché allo screening aderisce solo il 50% della popolazione. Bassa adesione pure per quello alla cervice uterina, ma è anche vero che tante donne fanno il pap test in autonomia: questo tumore si potrebbe eradicare – è l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità – se tutte le donne facessero i controlli e si vaccinassero contro il Papilloma virus. E poi, la prevenzione primaria passa sempre dall’adozione di corretti stili di vita".
Durante il convegno è stato anche consegnato a un giovane oncologo marchigiano il premio intitolato al prof. Riccardo Cellerino, già direttore della scuola di specializzazione in Oncologia dell’Università Politecnica delle Marche: lo ha vinto il dottor Alessandro Parisi, della clinica di Oncologia medica della Politecnica delle Marche.
Nicola Petricca