"Ambulanze senza medico a bordo Nell’entroterra rischiamo la vita"

Dopo il caso del decesso della 61enne di Auditore, il Comitato tuona: "Siamo nel degrado più totale"

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"Chi abita nell’entroterra è a rischio continuo". Ed è un rischio capitale, di vita o di morte. E’ l’amara constatazione dei cittadini che fanno parte del ’Comitato pro-riapertura Ospedale Lanciarini di Sassocorvaro’, alla luce della vicenda della 61enne ucraina di Auditore, deceduta in casa dopo un arresto cardiaco. La donna si era sentita male l’altroieri poco prima delle 8, il compagno aveva chiamato l’ambulanza, partita dall’ospedale di Sassocorvaro nel giro di pochissimi minuti, ma senza medico a bordo, perché aveva appena finito il turno. Nel frattempo le condizioni della donna si aggravano, perde coscienza e smette di respirare. A quel punto viene attivata l’ambulanza con il medico a bordo più vicina: quella di Montecchio. In 20 minuti arriva a casa della donna, ma per lei non c’è più niente da fare.

"Purtroppo questo Comitato – scrivono il presidente e il portavoce, Tiziano Cigni e Livio Mercatelli – è stato premonitorio con quanto successo ad Auditore. E’ da tempo che noi del Comitato insistiamo per mettere in evidenza la grave situazione sanitaria del nostro territorio, che non si risolve certamente con le eliambulanze regionali (appena due per tutta la regione Marche). E’ necessaria una organizzazione ospedaliera territoriale che una volta era basata sugli ospedali di zona. Purtroppo anche ai sindaci del nostro territorio non entra in testa questa necessità e credono di risolvere problemi ormai cronici con lettere dell’ultimo minuto all’Asur. Il sindaco Grossi addirittura crede e fa credere di aver riaperto il Lanciarini con l’inaugurazione di 32 posti letto privati di lungodegenza e cure intermedie. Siamo messi proprio male".

"Con la sanità – conclude il comitato – non si può scherzare perché c’è in ballo la vita delle persone e noi dell’entroterra non possiamo essere più trattati come semplici cittadini ignoranti che credono ancora alle belle parole. Noi vogliamo i fatti e vorremmo che i nostri sindaci ci rappresentassero degnamente e non si adagiassero sulle promesse fatte durante tutti gli ultimi 40 anni, dove un po’ alla volta ci hanno portato al degrado sanitario ospedaliero più totale. Con il nuovo piano sanitario regionale si dia inizio a una inversione perché altrimenti o andiamo tutti ad abitare lungo la costa o dovremo rassegnarci a vivere come i nostri antenati di cento anni fa".