’Aqaba’, dagli altari alla polvere Il ristorante in spiaggia abbandonato

Il locale a Fosso Sejore, gestito dal siriano Al, nei tempi d’oro fatturava anche 600mila euro l’anno. Poi un’operazione societaria finita male ha scatenato una guerra. Avvocati al lavoro per una soluzione

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Un bar ristorante, "Aqaba", come tanti altri lungo la ciclabile sotto il monte Ardizio. Ma con un particolare: quando tutti gli altri tirano giù la serrande, finita la stagione estiva, questo locale è sempre rimasto aperto per ‘il conforto’ sia dei camminatori impenitenti che per i ciclisti che per i cacciatori di sole tutto l’anno. Particolare che lo ha reso ‘popolare’ in città anche perché durante la stagione estiva, negli anni scorsi, ha anche organizzato serate e sfilate di miss. E proprio per questa sommatoria di ragioni il fatto che sia rimasto chiuso, abbandonato e in degrado, nel corso di questa estate, ha suscitato curiosità tanto che stanno piovendo telefonate anche al ‘Carlino’. La domanda che si pongono tutti è: perché?

Una situazione complicata e di difficile soluzione quella che si è venuta a creare con questo bar-ristorante che fin dall’inizio è sempre stato gestito da Al, un immigrato di origini siriane. Va detto che questo locale ha un particolare di non poco conto: assieme al chiosco dove oltre al bar ha anche la cucina, ha un terreno attorno che non è in concessione demaniale ma è di proprietà.

Il motivo per il quale questo locale, che è nell’ultimo tratto della ciclabile prima di Fosso Sejore, sia rimasto chiuso e nel degrado, va ricercato nelle pieghe di due anni fa. Quando lo stesso Al ha ceduto il 50% a un’altra società che vede al suo interno Ignazio Scassillo, amministratore unico, quindi a Massimiliano Ascolillo e infine al presidente della Vis Pesaro, Mauro Bosco. Una piccola quota risulta di proprietà di Gianluca Cavoli. Una situazione, quella che si è venuta a creare, che vede la proprietà divisa in due e quando i soci sono venuti in contrasto, tutto è rimasto bloccato. Fra l’altro, a proposito di alcuni lavori effettuati all’interno lo scorso anno, c’è anche un rilievo della Capitaneria di Porto.

Per cercare di riaprire il locale – nei tempi d’oro Aquaba fatturava anche 600mila euro l’anno – è stato fatto nel corso dell’inverno una specie di affitto di ramo d’azienda a una società che ha all’interno la mamma di uno dei soci. Ma non è andata a buon fine per cui il locale non ha potuto riaprire nel corso di questa estate. Dietro le quinte una ‘guerra’ tra i soci che sembra non riuscire a trovar una soluzione, tanto che è stato proposto al tribunale un commissario giudiziale proprio per derimere la questione. Va detto che diversi – tutti pesaresi –, si sono fatti avanti per acquistare l’attività ma ad una condizione: "Fuori tutti". Questo perché è tutta una proprietà privata e quindi non è soggetta a concessioni demaniali. Da quanto tempo sta andando avanti questa situazione? Ormai da molti mesi per cui (a quanto sembra) ora i legali delle due parti stanno cercando di arrivare ad una soluzione bonaria al fine di poter riaprire la prossima stagione. Dietro le due parti ci sono gli avvocati Piergiorgio Di Lembo e Marco Veri per il siriano Al. Il consulente fiscale è Massimo Tonucci. Sull’altro fronte c’è il legale Michele Pratelli e come consulente fiscale lo studio Guerra di Fano.

m.g.