Pesaro, bambino morto dopo cura con l'omeopatia. L'omeopata: "Siamo sotto choc"

La moglie di Mecozzi: "Ci dispiace, ma mio marito non è colpevole", La procura apre un fascicolo per omicidio colposo

Un ospedale

Un ospedale

Cagli (Pesaro-Urbino), 28 maggio 2017 - Tre giorni e mezzo di coma, sapendo che non c’erano speranze. Ieri mattina Francesco è morto. Colpa di un’otite curata per due settimane con l’omeopatia. L’infezione così è potuta arrivare al cervello uccidendo il piccolo. Solo un antibiotico al terzo giorno di dolore l’avrebbe salvato ma non è stato preso in considerazione dalla famiglia che si fidava solo dell’omeopata. La pediatra è stata esclusa subito e mai consultata. A nulla è servito l’intervento chirurgico e la terapia d’urto con antibiotici nel reparto di rianimazione del Salesi di Ancona. 

I genitori di Francesco hanno autorizzato l’espianto degli organi, avvenuto nella notte. Daranno speranza ad almeno tre bambini in lotta contro la morte. La procura di Urbino, competente perché la famiglia del bambino abita a Cagli ed è lì che si è consumata la tragedia, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Qualcuno o più di uno, che dovranno essere accertati, hanno agito con negligenza non accorgendosi del pericolo mortale che correva il piccolo. A dare spiegazioni dovranno essere i genitori e il medico Massimiliano Mecozzi. E nessun altro. 

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La famiglia Bonifazi ha ribadito dopo averlo fatto ieri al Quotidiano Nazionale di voler trascinare sotto processo il dottor Mecozzi che da circa quattro anni aveva in cura il bambino. I genitori, quarantenni, piccoli commercianti, si fidavano ciecamente di lui così come i nonni. Quello materno, Maurizio Olivieri, ha detto di non attribuire nesuna colpa all’omeopatia ma al comportamento del medico che avrebbe terrorizzato la figlia affinché non portasse in ospedale il bambino in preda al dolore: «Ci diceva che gli avrebbero dato della tachipirina causandone la sordità o addirittura un coma epatico. E questo ci ha terrorizzato bloccando ogni altra alternativa di cura». E anche alle 23.30 di martedì scorso, quando il bambino aveva perso conoscenza, la madre inviò un video su whatsapp al medico chiedendo di andare in ospedale. Lui rispose che non poteva giudicare da un video. Al loro arrivo al pronto soccorso di Urbino, era già troppo tardi. 

La Tac mise subito in chiaro che i tessuti cerebrali del bambino erano stati aggrediti dal pus e che solo un miracolo poteva cambiare un destino segnato. Miracolo che non c’è stato. Due le segnalazioni alla magistratura: sia al tribunale dei minori, sia alla procura di Urbino. Che ha già nominato un consulente perché siano rispettate durante l’espianto le esigenze dell’inchiesta. 

Sapendo di essere finito nel mirino prima della famiglia di Francesco e poi dei mass media, il dottor Mecozzi si è chiuso nella sua casa in campagna. Alla sua porta ieri, dove abbiamo bussato, si è presentata la moglie dicendo di voler parlare solo attraverso l’avvocato ma poi: «Siamo tutti sotto choc, credeteci. Ci dispiace ma non può essere considerato mio marito il colpevole. Ha consigliato una terapia. Ma sono momenti terribili e abbiamo bisogno di tempo e dell’avvocato prima di dire altro». 

Il consigliere regionale Mirco Carloni si appella al ministro Lorenzin: «Si approfondiscano le responsabilità, questa tragedia deve essere un campanello di allarme affinché non ci siano più giovani coppie che si affidano a cure omeopatiche senza adeguati approfondimenti medici».