Bambino morto per l’otite, accuse fra omeopata e genitori. "Mai detto no al ricovero"

Il memoriale di difesa del dottor Mecozzi, indagato con mamma e papà del piccolo Francesco

Cagli, l’arrivo in chiesa del feretro di Francesco, il bimbo morto per un’otite curata con l’omeopatia (Foto Carnali)

Cagli, l’arrivo in chiesa del feretro di Francesco, il bimbo morto per un’otite curata con l’omeopatia (Foto Carnali)

Pesaro, 13 giugno 2017 - Tutto ruota intorno a due punti chiave: ha negato il ricovero in ospedale al bambino? Ha sconsigliato l’uso di medicine convenzionali? A rispondere per Massimiliano Mecozzi, l’omeopata pesarese indagato per omicidio colposo per la morte del piccolo Francesco Bonifazi, è il suo legale, l’avvocato Vincenzo Carella: «Assolutamente no. Il mio assistito non ha impedito ai genitori del bimbo né di andare all’ospedale e neppure di prendere farmaci convenzionali. La realtà inconfutabile per ora è che non è stato Mecozzi ad andare a casa dei Bonifazi. Nessun medico parte di sua volontà. Dico che il dottore è stato chiamato. E che i genitori hanno scelto di andare da lui saltando gli altri presìdi medici, come il pediatra, gli ospedali di Cagli e di Pesaro. Non gli è stato imposto nulla». 

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Intanto Massimiliano Mecozzi, chiuso nella sua cortina di silenzio, ha inviato domenica mattina una sua memoria al presidente dell’Ordine dei Medici di Pesaro e Urbino, Paolo Maria Battistini. Le sue risposte agli 8 interrogativi posti dall’Ordine, che si prepara a decidere su un eventuale provvedimento disciplinare. 

Il nodo da sciogliere è quello dell’articolo 15 del codice deontologico che parla chiaro: «Il medico può prescrivere e adottare sotto la sua diretta responsabilità sistemi e metodi di prevenzione, diagnosi e cura non convenzionali nel rispetto e decoro della dignità della professione. Il medico non deve sottrarre la persona assistita ai trattamenti scientificamente fondati e di comprovata efficacia».  La commissione disciplinare si riunirà venerdì per emettere il proprio verdetto. «Aspettiamo l’esito delle valutazioni – spiega l’avvocato Carella – dobbiamo vedere cosa ha in mano la Procura. Di fatto non c’è nulla di certo. Ci sono le dichiarazioni della famiglia, del nonno, l’autopsia. Ma i punti da chiarire sono ancora tanti. Anche il capo di imputazione potrebbe essere rivisto. Potrebbe anche non essere andata come è stato detto e raccontato fino ad ora. Importante sarà la registrazione della chiamata al 118». 

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Nel frattempo la procura di Urbino prosegue con l’inchiesta. Nel registro degli indagati, oltre a Mecozzi, con l’accusa di concorso in omicidio colposo, ci sono anche i genitori del bambino. L’obiettivo ora è far parlare i reperti biologici. Per chiarire la dinamica e stringere il cerchio sulle responsabilità. Per far luce su quello che ha portato alla morte del piccolo Francesco, arrivato in condizioni disperate al Salesi di Ancona il 23 maggio dopo 15 giorni di otite curata con soli rimedi omeopatici. Quattro giorni di agonia. Un disperato tentativo di salvarlo con un intervento chirurgico di rimozione del pus che aveva già infettato il cervello. Ma tutto inutile. Francesco non ce l’ha fatta e il 27 maggio anche l’ultimo, fragilissimo, filo di speranza, si è spezzato. 

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