"Basket, è sempre difficile razionalizzare un amore"

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Gentile lettore, dovrei risalire decenni di vita per poter riuscire a cogliere il senso e il nocciolo iniziale della questione. Di primo acchito, potrei pensare che magari lei si stesse lamentando del fatto che già dalle cinque del mattino c’è qualcuno che ha voglia di andare a "fare due tiri" su un campo di basket che fra l’altro, vista la stagione autunnale e l’ora, devono anche essere illuminati per poter almeno vedere il canestro. Perché a Pesaro il basket sia stato e sia ancora oggi quello che è le rispondo chiaramente che manco io sono mai riuscito a capirlo bene. D’altronde è sempre difficile razionalizzare un amore, anche quello fra le persone ha sempre qualcosa di non decodificabile, nascosto, senti che c’è ma non sai bene cos’è. Succede così anche con lo sport: ti sposti di qualche decina di chilometri e amano il volley, tennis, rugby o altro. Non parlo del calcio, perché quello è un fenomeno sociale oltre che uno sport. Esagerando, ma solo un poco giusto per rendere l’idea, posso dire che quando ero ragazzo io a Pesaro non potevi non avere a che fare col basket che allora si identificava nel suo massimo profeta e divulgatore dai mille figli: Agide Fava, detto "Aido". Non sono più "dell’ambiente", come dice lei, ma non rinnego manco un solo minuto di quegli anni.