Battesimi, il registro più antico è qui

Sant’Ippolito, secondo lo studioso Renzo Savelli, strappa il presunto primato di un paesino del ravennate

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"Ma non è vero che il registro dei battesimi di Sant’Agata sul Santerno (Ravenna) è il più antico d’Italia: quello di Sant’Ippolito è di un anno prima. Del resto nel titolo del Carlino del 2 settembre “il più antico d’Italia“ era per l’appunto tra virgolette...".

Lo dice Renzo Savelli, che di storia se ne intende e che i registri di Sant’Ippolito, conservati nell’archivio diocesano di Fossombrone, li ha avuti sotto mano e studiati attentamente. Come si sa, la storia dei registri di battesimo, almeno in Italia, comincia alla fine dei lavori del Concilio di Trento, che fu la non troppo sollecita “risposta“ cattolica alla Riforma luterana. Le 95 tesi di Martin Lutero erano state pubblicate a Wittenberg nel 1517 (che poi siano state appese al portale della cattedrale è tutto da dimostrare), mentre i lavori del Concilio erano cominciati solo nel 1545. E i padri tridentini si erano presi il loro tempo, dato che la bolla di Pio IV che approva i decreti conclusivi è del 1563.

"Ebbene il registro di Sant’Ippolito è del 1564, il che vuol dire che il parroco di quel paese di scalpellini e marmorini fu davvero sollecito nell’obbedire alle nuove disposizioni di Santa Romana Chiesa".

Puntualizza ancora Savelli: "Il Concilio di Trento durò 18 anni e terminò nel 1563 e papa Pio IV con la bolla Benedictus Deus del 30 giugno 1564 ratificò tutti i decreti approvati nelle 25 sessioni del concilio ed istituì un’apposita commissione per verificarne l’applicazione. Di conseguenza il “libro dei battesimi“ e quello dei matrimoni – così venivano chiamati – solo da tale data potevano entrare in funzione".

Non furono inaugurati dappertutto con la stessa sollecitudine...

"Infatti. Non tutti i parroci furono solerti come quello di Sant’Agata sul Santerno. Ma più di lui lo fu quello di Sant’Ippolito, che lo istituì dallo stesso 1564 e dall’anno successivo quello dei matrimoni, precedendo di bel 16 anni i registri dei pigri curati della cattedrale di Fossombrone, dal cui vescovo dipendeva la sua chiesa".

Ma come fu che lei si è mise a studiare i registri dei battesimi e dei matrimoni?

"Avevo cominciato a studiare quei registri, compreso quello dei morti, per identificare le famiglie degli scalpellini ed è proprio da un discendente di una di quelle famiglie che è venuto l’aiuto finanziario. L’ingegner Settimo Madami nel ricostruire la storia della sua famiglia nel 2012 è venuto a Fossombrone e ha così saputo che la sua antenata si chiamava “Donna Lucia detta Madama“ e poco più. Assieme ad altri famigliari ha fatto restaurare il primo registro dei battesimi, il primo dei matrimoni e il primo dei morti. Ebbene, quello che sembrava un flatus vocis è diventata una donna di cui adesso abbiamo tutti i dati biografici. Un altro registro sarà presto restaurato grazie ai proventi di un libro che parla della famiglia Madami e il cui ricavato è stato destinato a quello scopo".

Cosa si ricava da quei registri?

"Tra l’altro che a un certo punto nel Cinquecento si passò dai matrimoni di fatto a quelli formali e che si avviò a scomparire il fenomeno delle madri nubili, mentre d’altro canto prese ad aumentare il fenomeno dell’abbandono dei bambini".

Insomma, i registri parrocchiali sono importanti.

"Sono preziosissimi, perciò vanno assolutamente salvati, restaurati e studiati. Mi auguro che anche a Sant’Agata sul Santerno si trovi qualche sponsor disposto a contribuire. Si tratta di salvare la storia di quel paese".

I nostri registri sono stati “salvati“ in digitale, vero?

"Esatto. Ogni registro è stato anche digitalizzato e ne sono stati ricavati diversi dischetti".

Adriano Biagioli