
L’ex dg. di Banca Marche, Massimo Bianconi, in una vecchia foto Assolto in appello, in primo grado. era stato condannato a 10 anni
Banca Marche. Si è tirata giù la serranda. La Corte di Appello di Ancona ha stabilito che nessuno dei vertici operativi è colpevole. Per essere chiari quelli che erogavano il credito alle famiglie e alle imprese. L’ex direttore Massimo Bianconi ed il suo vice Stefano Vallesi, in primo grado erano stati condannati a 10 e 9 anni. In appello assolti. Si chiude così una vicenda – l’epilogo di BdM risale ormai a 10 anni fa –, che ha dissanguato il territorio. Perché nella sola provincia erano circa 20000 i risparmiatori che avevano azioni. Diversi hanno raccolto briciole attraverso una class action. Quelli che non hanno aderito all’azione collettiva si sono ritrovati con i risparmi azzerrati. I conti certi sono questi: la Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, che assieme a Macerata e Jesi, aveva le quote di maggioranza dell’istituto di credito, ha perso circa 250 milioni mentre la fondazione di Fano che aveva acquistato un pacchetto di azioni dai Berloni di Fabriano, ha lasciato sul campo poco meno di 50 milioni. Va detto che i soldi delle Fondazioni non sono di chi comanda o di un gruppo dirigente, ma dell’intera collettività.
Comunque in città le reazioni poggiano su due correnti di pensiero: una, secondo la quale l’assoluzione dei protagonisti tecnici di questa vicenda è ingiusta. Ma anche qui va aperta una parentesi: i tecnici prendevano ordini dalla ‘politica’ perché il 61% delle azioni della banca era controllato dalle tre fondazione. In sostanza i padroni veri. L’altra corrente di pensiero propende per assolvere i vertici della banca, per scaricare tutte le colpe sul sistema politico che non ha saputo tutelare una banca che nelle classifiche degli istituti di credito nazionali era al 17° posto. Chi ha perso molti soldi – si parla di poco meno di 2 milioni di euro – non vuole parlare "anche perché sono stati coinvolti amici che ci hanno perso la salute per questa vicenda", dice un professionista.
Chi dice invece qualcosa è Alessandro Bettini, commercialista, che ai tempi era uno dei revisori della cassa di Loreto controllata da Banca Marche. "E’ mancata la volontà politica di salvare Banca Marche, sia a livello nazionale che a livello locale perché il patrimonio era di 2 miliardi ed aveva depositi per 17 miliardi. I crediti deteriorati sono stati valutati il 17 per cento del valore di libro. In condizioni simili sarebbe saltata qualsiasi banca".
Esempio concreto: un immobile o un terreno valutato 1000 euro alla fine ne valeva 170. E su questo punto Bettini aggiunge amaramente: "Chi ha comprato poi quei crediti s’è arricchito. Una banca che aveva su tutto il territorio 350 filiali e con quella raccolta di cui disponeva, alla fine è stata venduta per un euro". Nel caos che è seguito dopo il commissariamento di Banca Marche è accaduto anche di questo: un notissimo imprenditore della città che voleva ‘saldare’ il suo debito si è sentito dire di no e cioè che non volevano i suoi soldi. Una nebulosa, quella di Banca Marche, che nel tempo ha visto scorrere migliaia di potenziali ‘colpevoli’ ma alla fine, come spesso accade, e come si è visto, nessuno è colpevole. E così è finita.
m.g.