Pesaro, il Centro floristico Brilli Cattarini risorge. Un paradiso ritrovato

La nuova vita del centro di via Barsanti: con specie botaniche rarissime e salvate

L'orto botanico Brilli Cattarini a nuova vita (Fotoprint)

L'orto botanico Brilli Cattarini a nuova vita (Fotoprint)

Pesaro, 21 aprile 2019 - C’è un luogo magico di Pesaro che sta per compiere 70 anni, e lo farà, come sempre, spalancando le sue porte a quanti vorranno meravigliarsi e imparare (per informazioni: tel 0721/52602, tutti i giorni al mattino, martedì e giovedì anche il pomeriggio). E’ il Centro di ricerche floristiche «Aldo Joseph Brilli–Cattarini», di proprietà dell’amministrazione provinciale di Pesaro-Urbino, un polmone verde di circa un ettaro alle pendici meridionali dell’Ardizio che comprende un erbario, che è il più importante delle Marche ed uno dei più significativi in Italia, una biblioteca specializzata con 11mila titoli, un orto botanico dove sono coltivate specie spontanee, rare o estinte, della regione. Insomma, un immenso patrimonio verde dove si va per respirare la natura, ma anche per comprenderla meglio, che sta tornando alla vita dopo un lungo periodo buio. «Il momento più brutto – racconta il direttore del Centro, Leonardo Gubellini – è stato quando venne ipotizzata la vendita della struttura e il trasferimento dell’erbario all’ex Provveditorato, in mezzo all’asfalto. Poi è arrivato l’interessamento dell’Ordine dei Farmacisti di Pesaro-Urbino, a cui si è aggiunta la collaborazione con il quartiere Montegranaro-Muraglia, con la sezione provinciale dell’Unpli e con il Fai, e abbiamo siglato un accordo che ci permetterà di rimettere in piedi questo pezzo di storia della città».

Dopo anni di incuria, in questi mesi si stanno rimettendo a dimora le piante che sono andate perdute. «Ne stiamo piantumando a decine grazie all’aiuto insostituibile di Gianluca Sintini della Coop T41– spiega Gubellini – Altre, siamo riusciti a salvarle. Come la Ulex Europeus, o Ginestrone, una ginestra munita di aculei, ultimo esemplare rimasto della provincia di Pesaro, rara in tutto il versante adriatico, o l’Antilla Barba Iovis, estinta nelle Marche e che ora si vuole reintrodurre sul Monte Conero. Poi abbiamo piante di montagna, raccolte a mille o duemila metri d’altitudine, che hanno trovato un proprio habitat sul livello del mare, come diverse specie di felci e la fragola autoctona dei Sibillini».

Passando all’edificio, dove al piano terra è stato trasferito il Centro di educazione ambientale che era sul San Bartolo, ecco la stanza di refrigerazione dove pacchi di piante attendono di essere catalogate, e il grande erbario con 300mila inserti, per un totale di 900mila campioni di piante essiccate, che è il più importante delle Marche ed uno dei più significativi in Italia. L’ambiente è a temperatura controllata, in modo che i reperti non vengano attaccati dagli insetti, ma l’impianto è rotto. «Contiamo che lo sostituiscano prima dell’estate, siamo ottimisti», confessa Gubellini. Poi c’è la grande biblioteca botanica anche con testi del ‘700 e ‘800, e tanti cimeli lasciati da Brilli Cattarini, compresa la Guzzi Lodola regolarità 250 in sella alla quale lo studioso, sigaretta e zaino in spalla, si inerpicava sull’Appennino con uno zappetto e un sacchetto di plastica.