Cantiano, disperazione e sguardi allucinati La scossa del sindaco: "Arrivano i primi soldi"

Viaggio nel paese che vuole ripartire. Piccini: "A giorni iniziamo a distribuire, a chi ne ha più bisogno, i 350mila euro che abbiamo raccolto"

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di Roberto

Damiani

Avete in mente quando nevica molto? Ci si muove a piedi, piano, salutandosi da lontano e guardando bene davanti. A Cantiano si vive così, come se gli abitanti fossero sotto una nevicata infinita. E’ passato un mese dall’alluvione che ha portato via mezzo paese, il fango per strada non c’è più ma negozi, bar, fornai, sono sbarrati. E’ tutto distrutto e nessuno ha i soldi per ripartire. Anche la chiesa di San Battista è chiusa, il cinemino impraticabile, la strada che passa accanto al Municipio ha una voragine dove ci si potrebbe infilare un camion e rimorchio, la signora Antonella, parrucchiera da una vita, ripassa davanti al suo negozio dove poteva morirci se non si fosse arrampicata per le sbarre dell’inferriata per poi esser issata al primo piano dal vicino grazie ad un lenzuolo arrotolato. Ma c’è anche chi prova ad ingranare la prima e rimettersi in carreggiata. L’altro ieri ha riaperto il pub di Gianluca "Rum" Matteacci, il Maeve’s, in via IV Novembre. Il primo a farlo. La gente stava seduta vicina vicina come se dovesse riprendere confidenza con le chiacchiere di tutti i giorni, i problemi piccoli, le risate che fanno stare bene. Qualche metro più in là e si arriva in piazza Luceoli, davanti al Municipio. A piano terra c’era il Caffè centrale, aperto da appena tre mesi. Non esiste più come l’ufficio anagrafe del Comune, inondato da 4 quintali d’acqua al metro quadrato. Si è salvata la stanza del consiglio, quella del sindaco e della polizia municipale oltre ad altri uffici. Il sindaco Alessandro Piccini, 38 anni, ingegnere, è al suo tavolo in Municipio: "Come si rimette in piedi un paese di 2000 persone? Non lo so. Dalla finestra vedo lo sconforto, non c’è nessuno, quei pochi camminano e guardano basso perché temono di finire in qualche trappola di fango. Abbiamo ripulito ma ai nostri occhi la piena è ancora tutta lì. La gente è spenta, dobbiamo ritrovare lo spirito che ci univa per riprendere la nostra marcia. La settimana prossima cominciamo a distribuire i 350mila euro raccolti dai privati, ditte, famiglie, parrocchie. Li daremo in proporzione a chi ha subìto più conseguenze dall’alluvione, quindi alle famiglie che sono state costretta a lasciare la casa perché inagibile, alle imprese ancora ferme con le macchine inservibili, ai negozi sbarrati perché da soli non ce la fanno. In attesa che arrivino aiuti da Stato e Regione che aveva un’occasione l’altro ieri di dare un segnale ma non l’ha colta".

Risalendo via IV Novembre, con alle spalle il camper della Bper, un Apetto 50 miracolosamente integro, la vecchia Punto dei vigili urbani che sembra uscita dal set de ’La mia Africa’, salutando la pioniera della ripartenza, Daniela Ceripa, che ha riaperto la sua edicola in fretta, si arriva alla locanda del Broglio, che per soli due metri non è stata allagata e che in compenso ha offerto caffè e beveraggi a tutti i volontari che hanno lavorato in queste settimane in paese. C’è poi il negozio di fiori di Tiziana, che dice: "Io sono aperta ma la gente non compra più. E’ come allucinata. Non spendono perché hanno paura di tutto. Ho incassato 50 euro in tre giorni". Si arriva poi in cima, dove Valentina, 24 anni, sta seduta su un furgone Ducato bianco: "Vendo la frutta qui perché il negozio è inutilizzabile. Ma la gente compra di meno, vanno via a fare la spesa a Gubbio o a Cagli e noi facciamo un altro buco alla cintura". Il torrente Tenetra passa sotto il palazzo del Conte, e si vede. Sopra c’è il negozio per cose di casa di Fabiola. Ha aperto nel 2019, il Covid ha azzerato tutto per un anno, poi l’alluvione, ora propone una novità di Natale: "L’albero al contrario, chissà, forse porta bene". A Pontedazzo, nella zona industriale, le fabbriche sono aperte. La più grande è la vetreria Vallarelli, 4000 mq, 18 dipendenti. Il contitolare Carlo dice: "Pensavamo di chiudere tutto e andare a Gubbio, ma poi abbiamo detto no. Biesse e altre ditte ci hanno regalato assistenza e pezzi di ricambio, una squadra di bulgari sta ripristinando i macchinari, i clienti ci hanno detto che torneranno. Noi non ci muoviamo da qui e ripartiamo subito". Poco più c’è la ferramenta Perioli: "Acqua ovunque, rovinato tutto il carico di quintali di pellet, è stato un disastro perché l’argine del Burano ha ceduto davanti a noi. E non si vede la gente a comprare". Il padre Serafino gli dà forza: "Supereremo anche questa".