
La spiaggia di Pesaro: i bagnini. lavoravano in condiizioni molto penalizzanti per loro
Una forma di "caporalato balneare" con bagnini sottopagati e finti distacchi. Secondo la ricostruzione fatta dal tribunale di Pesaro sette bagnini e un operaio stagionale impiegati nelle spiagge pesaresi erano stati assunti da un’agenzia di somministrazione – società che aveva sede in Sicilia – e spediti a lavorare per un’altra, senza contratto di somministrazione e con paghe lontane da quelle previste dal contratto del turismo.
Fino a 600 euro in meno al mese, nessun trattamento di fine rapporto (Tfr), niente tredicesima né contributi pieni. In aula, il trucco viene definito con un nome preciso: interposizione illecita di manodopera. E per la giustizia civile, è stato tutto legittimamente e doppiamente sanzionato.
Con la sentenza n. 353/2025, pubblicata il 23 giugno, il giudice Maurizio Paganelli del Tribunale del Lavoro di Pesaro ha infatti respinto il ricorso presentato dall’amministratrice della società siciliana condannata per aver attuato, nel 2019, una somministrazione illecita mascherata da distacco, cioè una sorta di prestito del personale tra aziende.
L’ispezione della Direzione territoriale del lavoro risale al 2022: nel mirino, un sistema che permetteva di offrire manodopera stagionale a basso costo aggirando le regole sul lavoro subordinato.
Due le sanzioni comminate: la prima, penale, per il reato di somministrazione fraudolenta (poi abrogato nel 2024), con un’ammenda di 2.180 euro che la ricorrente aveva già pagato. La seconda, amministrativa, per oltre 10.400 euro. Da qui il ricorso dell’azienda, con la contestazione di doppia sanzione sullo stesso fatto, in violazione del principio del "ne bis in idem".
Ma il Tribunale ha fatto proprie le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia Ue: la doppia sanzione è lecita quando tra i due procedimenti esiste un legame materiale e temporale stretto, come in questo caso, dove entrambi i procedimenti sono stati avviati lo stesso giorno dallo stesso ente ispettivo.
E soprattutto perché le due sanzioni colpiscono aspetti diversi della condotta: una per la violazione formale delle regole sulla somministrazione, l’altra per la finalità fraudolenta dell’intero impianto. Risultato: ricorso bocciato e condanna alle spese per 1.847 euro.
Ma resta la sostanza del fatto. E cioè che dietro l’apparente regolarità dei turni sotto l’ombrellone, si nascondeva una gestione opaca del lavoro stagionale.