Caro gasolio, i pescherecci non vanno in mare

Adesione massiccia anche nelle Marche allo sciopero nazionale di una settimana contro l’aumento del carburante: "Stiamo a casa"

Un peschereccio

Un peschereccio

Niente pesce fresco per una settimana. I pescherecci delle Marche si fermano per protesta contro il caro carburante. Che ora pagano circa 1 euro al litro, con aumenti di venti o trenta centesimi negli ultimi giorni. "Il problema è che noi consumiamo 3mila litri al giorno di gasolio – dice Paolo Palazzi, di Pesaro, armatore dei pescherecci ’Drago’ e ’Jacchi’ dove vi lavoravano 11 marittimi – e non possiamo spendere più di quello che guadagnamo ogni giorno. Quindi ci fermiamo, andremo sotto cassa integrazione. La gente troverà sul piatto tutti il pesce allevato come spigole, salmoni, orate, tonno, tutta roba che arriva chissà da dove. Noi, con questi costi, non usciamo in mare. Non parlo delle vongolare che pescano di notte e alla mattina ritornano in porto. Quelle spendono 100 euro di carburante e può andare ancora bene. Ma noi no, non ci stiamo dentro visto che andiamo in alto mare a pescare. Partiamo alla mezzanotte della domenica e torniamo alla mezzanotte del giovedì, con delle puntate al porto il martedi per consegnare il pesce". E’ uno sciopero delle marinerie nazionali che coinvolge anche le Marche. La decisione degli armatori è stata presa in un’assemblea a Civitanova Marche. Si legge nel comunicato: "Sarà sciopero generale per tutti. Il caro gasolio non permette più di sostenere l’attività di pesca e il comparto ha deciso di fermarsi, tutti i pescherecci di San Benedetto del Tronto, Civitanova Marche, Ancona, Fano e Pesaro hanno aderito compatti all’iniziativa visto che il problema resta comune e di difficile soluzione nel breve periodo".

La protesta è durissima perché in ballo c’è la sopravvivenza del settore, con tutte le conseguenze del caso a cascata: "Martedì (domani 8 marzo ndr) i titolari delle imprese andranno negli uffici delle Capitanerie di porto del territorio per consegnare i documenti delle imbarcazioni senza sbarcare i marinai. Un gesto che gli armatori hanno deciso per non far perdere lo stipendio ai dipendenti, senza perdere le giornate di pesca. Mercoledì le associazioni di categoria saranno a Roma _ a parlare è Apollinare Lazzari, presidente dell’Associazione produttori pesca di Ancona _ per un incontro al Ministero. Vediamo se è possibile far rientrare il comparto della pesca tra quelli che vedranno un sostegno nel prossimo Decreto. Altrimenti continueremo a stare in terra. Così, non possiamo più lavorare: i costi superano di gran lunga i guadagni". Dopo gli effetti durissimi della pandemia adesso quelli del rincaro del gasolio, una situazione destinata a peggiorare con la crisi militare in Ucraina e un atteso e costante aumento del costo alla pompa di benzina. Per quanto riguarda la marineria di Pesaro e di Fano, il numero delle imbarcazioni ammonta a circa 30 unità, e danno lavoro ad oltre 150 marittimi, la cui attrività garantisce pesce fresco sulla tavole delle famiglie e dei ristoranti.