Casa Moscati: guerra all’Aids e all’indifferenza

La trentennale battaglia della struttura fondata da don Gaudiano. La responsabile: "Decisiva la prevenzione". Ogni anno visita in 60 classi

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di Lucia Arduini

Una realtà trentennale, fortemente attiva nell’educazione e prevenzione, e tanta dedizione. In due parole, Casa Moscati.

Il centro di accoglienza formato famiglia nato nel 1992 si occupa di aiutare i malati di Aids, in assenza di riferimenti familiari e abitativi stabili, a condurre una vita migliore. La realtà pesarese voluta fortemente da don Gaudiano, il fondatore, è stata tra le prime in Italia a dare una casa a chi necessitasse di cure.

Lucia Magrini, responsabile di Casa Moscati e Centro Arca del Ce.I.S. di Pesaro dal 2016, si è fatta carico di questa missione in sinergia con realtà territoriali. Il lavoro di rete con il Dipartimento Dipendenze Patologiche Area Vasta 1 e con il Reparto Malattie Infettive di Pesaro non solo ha permesso di aiutare negli anni più di 120 malati, ma anche di portare negli istituti superiori pesaresi il progetto di educazione e prevenzione “Oltre l’Indifferenza”, nato nel 2013. "Ogni anno facciamo visita a 60 classi", racconta Eloise Arduini, educatrice di Casa Moscati in servizio da 16 anni. "I nostri interventi durano circa due ore, si tratta di una lezione interattiva in cui cerchiamo di attivare il pensiero critico degli studenti. Diamo informazioni corrette sul tema per prevenire o comunque sapere cosa fare nel caso in cui si dovesse scoprire la malattia. Dove andare, con chi parlare, a chi rivolgersi (a Pesaro, centro d’ascolto Passaparola). Se si ha percezione di questa malattia come qualcosa di colpa e vergogna, legate al sesso, si fa anche fatica a chiedere aiuto. È importante anche capire che contrarre il virus dell’Hiv non significa andare incontro a morte certa ma che ci si può convivere benissimo con le terapie".

Casa Moscati è una delle sole due realtà di accoglienza presenti in tutta la regione Marche. La sua capienza massima è di 10 ospiti in medie o gravi condizioni, più 6 alloggi sparsi per la città che rappresentano lo step successivo per un graduale reinserimento sociale. "L’obiettivo è quello di tornare a prendersi cura di sé. L’unico modo per debellare l’Hiv è la prevenzione e le cure, perché se queste non rendono più la persona infetta, tecnicamente noi elimineremmo l’Hiv dalla faccia delle terra. Se tutti i malati si curassero, non sarebbe più trasmissibile, e l’obiettivo è debellarlo entro il 2030", spiega la responsabile Magrini. È importantissimo fare test medici per scoprire in tempo la presenza dell’infezione da Hiv, così da arrestarla in tempo per evitare che diventi Aids, e quindi malattia infettiva. Nella giornata mondiale contro l’Aids, che è oggi, è ancora più forte la voce di medici, operatori, educatori, volontari e tutti coloro che toccano con mano la problematica numero uno: l’indifferenza sul tema. "Questa giornata serve per ricordare la tematica, ma anche che ci sono delle persone dietro alla malattia", aggiunge Arduini. Persone con coraggio, persone che lottano ogni giorno per riprendersi in mano la propria vita grazie a cure sempre più efficaci. Guarire si può, prevenire si deve.