Cassiera ospedaliera alla sbarra: accusata di aver rubato 30mila euro

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E’ accusata di essersi intascata quasi 30mila euro di soldi pubblici. Si chiama Barbara Porporini, ed è imputata del reato di peculato ai danni dell’Asur area vasta 1. Ieri si è svolta un’udienza del processo che si trascina da almeno cinque anni.

Secondo gli accertamenti della guardia di finanza, avrebbe sfruttato il suo lavoro di addetta alle casse, insieme ad altri due, per le prestazioni sanitarie dell’ospedale di Cagli. Incassava i soldi pagati dai pazienti cagliesi che si sottoponevano a visite specialistiche od esami di laboratorio. C’è voluto però un caso per scoprire l’ammanco. Un giorno, era il 2015, un utente è tornato allo sportello per chiedere una copia della sua fattura di pagamento avendola persa. L’addetto, diverso dall’accusata, ha controllato la pratica ma quella fattura risultava rimborsata all’utente per non aver fatto la visita. Al che, l’interessato, ha risposto di esser stato visitato regolarmente e di aver pagato senza aver chiesto nessun rimborso. E’ partita la segnalazione alla procura della Repubblica che ha portato alla messa sott’accusa della addetta perché soltanto nel suo turno risultavano i rimborsi e soprattutto dal suo computer e con la sua password. Per essere certi dell’autore dell’ammanco, la Finanza ha rintracciato tutti i pazienti che, in teoria, avrebbero ottenuto dei rimborsi per mancate prestazioni sanitarie pagate. Questi hanno risposto di esser stati visitati o di aver avuto la regolare prestazione di laboratorio.

Da qui l’accusa di peculato a carico della dipendente, che è stata poi sottoposta a causa di lavoro e licenziata dall’Asur, con la conferma di ciò anche da parte del giudice del lavoro di primo grado. La Finanza ha ricostruito anche l’esatto importo degli ammanchi anno dopo anno, con la punta massima nel 2014 dove è stato appurato un buco di 15mila euro. Altrimenti negli altri anni fino al febbraio 2015, gli ammanchi oscillavano intorno ai 2000 euro annui.

Il perito del giudice Daniele Egidi, ascoltato la volta scorsa, ha ripercorso i movimenti del computer scoprendo che i "rimborsi" incriminati partivano sempre da quello della Porporini mentre ieri il perito della difesa ha spiegato che a quel computer potevano accedere tutti nei momenti di pausa del lavoro della Porporini e quindi tutti avrebbero potuto prendere quel denaro perché non c’era alcun controllo. "La mia cliente – ha detto l’avvocato difensore D’Ambrosio – è stata l’unica su cui hanno indagato ma non hanno mai trovato un soldo né ci sono prove". Prossima uienza al 18 gennaio.

ro.da.