Cava di Sant’Anna, un invaso già ’pronto’

L’area è abbandonata da decenni, e potrebbe trattenere oltre un milione di metri cubi. I tecnici di Mms pronti per il sopralluogo

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Non c’è più niente da chiedere alla montagna, né da spremere dalle falde. Pena, quella di fare danni molto più grandi dei benefici. La risorsa acqua va generata, non depredata. E’ un concetto ormai noto a molte amministrazioni pubbliche e la siccità in corso, soprattutto nell’estate che stiamo vivendo, lo rende ancora più chiaro. L’acqua va invasata nei periodi di abbondanza per essere utilizzata in quelli di carestia.

Ma dove e come? I grandi invasi sono impattanti e spesso contrastati dalla popolazione, meglio una rete di piccoli e medi. Il Consorzio di bonifica ha aperto la strada con le aree di laminazione naturale: una già pronta (a Pesaro) altre che sono ancora in progetto: serviranno a proteggere dalle piene, ma anche a trattenere risorsa e ricaricare la falda. Il Veneto, tanto per fare un esempio, ha avviato il Piano 2030 che tra le altre opere prevede di recuperare allo scopo 17 ex cave.

Bene, è quanto si potrebbe fare anche nella nostra provincia e per la verità se ne parla da oltre vent’anni, dall’apparire delle prime annate critiche dal punto di vista della siccità.

I siti dove farla non mancano di certo, ce ne sono a decine sparsi sul territorio, sebbene alcuni di essi siano ritornati estrattivi, e questo in barba ai piani di recupero ambientale. Una ex cava offre molti vantaggi per essere convertita a invaso: area già scavata, dunque già degradata, in luoghi che in genere sono collocati lontani da insediamenti, vicini ai corsi d’acqua ma non in alveo. Un esempio che abbiamo nel nostro territorio: l’ex cava di calcare di Sant’ Anna, al Furlo.

Si tratta di un’area abbandonata da decenni, oggetto di molti abusi, all’interno di una valletta. Con opportuni interventi e uno sbarramento, potrebbe tranquillamente invasare oltre un milione di metri cubi. Che sarebbero l’equivalente dei tre invasi attualmente in funzione lungo il Metauro messi insieme (Furlo, San Lazzaro, Tavernelle), dai quali attinge Marche Multiservizi.

I tecnici di Marche Multiservizi sarebbero in procinto di effettuare un sopralluogo in zona, per rendersi conto della natura e delle potenzialità del sito, a conferma del fatto che la "proposta" è davvero interessante. L’invaso a Sant’ Anna del Furlo presenterebbe infatti un ulteriore vantaggio: quello di rendere quell’acqua subito disponibile per la potabilizzazione, senza costose opere di adduzione, con la semplice immissione in alveo, essendo "parallelo" al corso del Candigliano. Ecco un modo per recuperare una quota dei milioni di metri cubi che mancano al bilancio idrico provinciale.

Per averne un altro, come s’è detto, basterebbe lo sfangamento dei tre invasi. Quanto alle ex cave, dalla pianura alla montagna, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Semmai, serve la cosiddetta volontà politica.