"Ci riportano a trent’anni fa Tutti in piazza"

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"Bisogna dare battaglia. Una battaglia vera, senza quartiere, con tutta la città che scende in piazza in modo permanente. Perché bisogna recuperare il senso diffuso di un diritto calpestato". L’avevamo lasciata disillusa e amareggiata, tentata dal tirare i remi in barca. Ed ecco che invece, Giuseppina Catalano, 81 anni, ex oncologa ed ex consigliera comunale, da sempre voce impegnata e appassionata, è ben lungi dall’arrendersi.

Dottoressa, la riforma dell’organizzazione sanitaria ha riacceso il fuoco in realtà mai sopito della passione civile.

"Ho capito che la rabbia da sola rimane sterile, non può camminare su due sole gambe. Bisogna muovere la gente. In questi giorni ripensavo al sit in di Muraglia, quando avevano cancellato il progetto della Renco. Ci andai che non stavo neanche in piedi, ma si doveva fare".

Non servì.

"Le cose sono andate avanti. Sempre peggio. Sono 35 anni che vivo questi corsi e ricorsi della nostra sanità, dei nostri diritti calpestati. E ogni volta mi chiedo come possa la gente non sollevarsi. Allora mi sono detta che la gente si è abituata a una visione superficiale. O forse non ha più fiducia. Eppure bisognerà realizzare prima o poi che abbiamo meno di quello che avevamo 30 anni fa, roba da incendiare la città".

Provi a ’risvegliarne’ qualcuno, di questi concittadini.

"Bisogna far capire che lo status di azienda ospedaliera non è una banale etichetta: dietro ci sono soldi e professionisti. E’ uno status giuridico, per altro già dai tempi di Lucarelli, che ci ha permesso di avere delle eccellenze, che avevano affascinato anche il governo centrale. Quello status significava avere alte specialità e finanziamenti. Togliendo questo status diventa un ’ospedalino’ come ce ne sono, anche buoni, ma senza specialità. Perché poi i professionisti fuggono. Forse era un’azienda ancora non completa, perfettibile, ma era comunque un riferimento per le malattie ad alta complessità, di cui c’è assolutamente bisogno nel nord delle Marche. Perché poi la gente deve andare a curarsi fuori, e questo pesa sui bilanci della Regione e quindi di tutti i marchigiani. Se la giunta non lo capisce, o se ne infischia, si qualifica da sola".

Nell’entroterra si vive questa battaglia come qualcosa a favore solo di Pesaro.

"I politici al governo sono riusciti brillantemente nell’intento di mettere i cittadini gli uni contro gli altri. Che l’azienda ospedaliera toga al territorio è una bufala enorme, cattiva. La medicina sul territorio è una cosa, gli ospedali per la patologia complessa un’altra. Ci vogliono tutte e due. Non si può fare un ospedale con alte specialità dappertutto, perché servono attrezzature, professionisti che devono crescere e formarsi e non li puoi avere sotto casa. Non trovano neppure le guardie mediche! E’ la vittoria di una politica senza capacità".

Loro dicono che la domanda del nord delle Marche non è di prestazioni ad alta complessità ma di livello basso.

"Allora mettiamo le risonanze in giro, e poi non c’è nessuno in grado di leggerle? La bravura si coltiva, nelle condizioni giuste. La gente brava non viene fuori dagli ospedaletti".

Il sindaco Ricci sta muovendosi bene in questa battaglia?

"Ha fatto un percorso. In passato siamo stati molto lontani. Sono contenta che dica adesso quello che dicevo io con tanti altri medici già vent’anni fa. Ma gli riconosco un amore autentico per la città".

Benedetta Iacomucci