Con Renato Bertini l’astrazione si fa sublime

Prosegue al Centro Arti Visive “Pescheria“ di Pesaro, la mostra dell’artista 80enne. "Ho dipinto sempre lo stesso quadro"

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di Cecilia

Casadei

C’è Renato Bertini al Centro Arti Visive Pescheria, l’artista pesarese che ha lavorato a lungo in Svizzera, conosciuto ed apprezzato oltre i confini nazionali. Ci sono le opere che raccontano la sua statura di artista, quelle cui sente di appartenere. Ci sono 23 piccole tele fissate su un’unica grande tela sospesa che squarcia il grande spazio dal perimetro ottagonale dell’antica chiesa del Suffragio.

Piccole tele in bianco e nero che restituiscono il corpo della donna appena evocato, dissolvenze che si nutrono di una astratta consapevolezza, forme che hanno elementi figurali appena tracciati, sinuosità che poco concedono al colore. Ci sono le astrazioni più marcate, nel loggiato dell’antica Pescheria, come narrazione ispirata alla natura, "non può esserci nulla di completamente astratto e lontano dal reale", sottolinea l’artista. Tele che ci consegnano la sintesi perfetta ed eloquente di uno sguardo sulla natura e c’è lo stupore di un uomo che, superata la soglia degli 80 anni, ha lo "stupore essenziale che avrebbe un bambino se, nel nascere si accorgesse che è nato davvero", come scrive Pessoa.

Nella mostra intitolata “Vague“, onda, una parola che rimanda a qualcosa di indistinto, quasi la metafora di uno specchio in cui si riflette il percorso espositivo, è una prima tela blu ad accoglierci. Il colore di superficie come un cielo intenso, un mare nella mente di un pittore, con frammenti di nero e la luce di un orizzonte che si spezza. Poi un alone di sfumature e una lama vermiglia scende dall’alto, o il rosso come colore di fondo che ha il tono del ciclamino e striature in blu come brandelli di un discorso. Astrazione per Renato Bertini è un modo di pensare è riflessione, passione, libertà. E’ solcare il terreno della sensibilità, è consapevolezza, ricordo, forza e fragilità. È il sogno che insegue un incanto. E’ un archivio di luce, metamorfosi e atto creativo come principio delle cose tutte. Astrazione è come dare origine ad un big bang, è creare l’armonia di un mondo visionario che si lega al dentro, al fuori di sé.

"Astrazione è rivelazione, è sublimazione". E’ l’incontro con la luce del giallo, una venatura striata di verde, crostoli materici in una sapiente armonia compositiva. E’ il colloquio con forme che si dilatano, (o vanno a ricomporsi?) come "vaghe stelle dell’orsa" e paiono anche navi lontane in un mare profondo. Un dittico e il bianco che domina, il bianco protagonista di gran parte del suo lavoro, il bianco che rimanda ad uno spazio primigenio, ad un luogo dove tutto è possibile. Il bianco che accoglie l’infinito. Un dittico con venature in rilievo e tratti scuri come sinapsi generatrici del pensiero che guardano una macchia d’argento. E c’è una linea, che si nutre di rosso, ad attraversare la tela, il rosso e il blu, sfumature nero- grigie e una lama nera a dominare la scena. Di nuovo il bianco e sfumature grigio verdi come il colore dell’acqua, come ombre del pensiero, tracce ad evocare monti e laghi.

"La verità si coglie nel frammento", ci ricorda Walter Benjamin. Nell’opera di Bertini c’è un mondo di verità, di conoscenza che emerge, un dono di cui possiamo godere se sappiamo filtrare il dato visivo, lasciarci trasportare dalla materia dei sogni, liberare la profondità del nostro sentire. Sgombrare il campo da codici di lettura del linguaggio figurativo e stabilire una nuova relazione con il mistero delle cose. Per godere di opere come una partitura musicale che ha il ritmo sinuoso delle onde del mare. Che vanno e vengono, si avvicinano e si allontanano dalla riva. Quando tutto obbedisce ad una armonia compositiva, al senso estetico di una dinamica creazione in un percorso che ha il sapore di un viaggio, di una storia di vita. Abbiamo chiesto a Bertini: che cosa unisce l’artista figurativo, celebrato come abile ritrattista, al pittore che trionfa con il linguaggio dell’astrazione? "Fare ritratti significa focalizzarsi sui particolari del volto, sugli occhi, significa penetrare lo sguardo del soggetto e trasferire la sua anima sulla tela. Dipingere ispirandosi alla natura significa allargare lo sguardo in una dimensione più ampia, ma significa soprattutto fermarsi sul particolare che diviene un tutto che io consegno alla tela. E penso all’orizzonte, quella linea immaginaria che separa il cielo dalla terra, qualcosa che vediamo ma che non c’è. Un baleno, al contrario, è reale anche se scompare immediatamente dalla nostra vista. Ed è allora che dipingere significa estrinsecare una vibrazione, renderla tangibile".

Ha l’aria appena provocatoria, e la soddisfazione di chi ha messo a frutto i talenti ricevuti, quando Bertini aggiunge: "dipingo qualcosa che mi porto dentro e per tutta la vita ho dipinto lo stesso quadro".