Coronavirus focolaio Montecopiolo, in 4 al Pronto soccorso. "Più giovani e meno gravi"

Il primario Umberto Gnudi fa il confronto con marzo: "Casi non paragonabili, ma la soglia di allarme sta aumentando"

Il dottor Umberto Gnudi davanti all'ingresso del pronto soccorso

Il dottor Umberto Gnudi davanti all'ingresso del pronto soccorso

Pesaro, 4 agosto 2020 - La scorsa notte le ambulanze della rete dell’emergenza hanno trasferito al Pronto soccorso di Marche Nord 4 persone, tutte provenienti da Montecopiolo e tutte positive al Covid-19: 2 sono state ricoverate nel reparto di Malattie Infettive, che dunque passa da 5 a 7 pazienti, mentre per gli altri 2 si è valutato che, dati i parametri clinici, avrebbero potuto seguire la terapia anche a casa.

AggiornamentoMontecopiolo, via allo screening su tutti i residenti

"La mia impressione? – dice Umberto Gnudi, il direttore del pronto soccorso dell’ospedale Marche Nord, uno dei medici simbolo della lotta al virus – La situazione non è drammatica. La soglia di allarme al momento è certamente superiore a quella di un mese fa, ma rispetto a marzo, almeno per il momento, i casi non sono paragonabili, sia dal punto di vista clinico, anche per via dell’età più giovane dei pazienti che arrivano, sia per quanto riguarda la nostra risposta".

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"Anche da questo punto di vista ci sono novità importanti: "Stiamo configurando una nuova strumentazione che sarà operativa a breve e che ci permetterà di processare i tamponi in 40 minuti – prosegue il dottor Gnudi –. Sarà a disposizione del Laboratorio di Analisi, in aggiunta alle altre strumentazioni già a disposizione dell’azienda ospedaliera: in questo modo potremo avere una risposta immediata nei casi più urgenti e la possibilità di processare fino a una cinquantina di test in più ogni giorno".

Intanto oggi parte lo screening di massa a Montecopiolo, dove tutta la popolazione sarà sottoposta a tampone, dopo il focolaio emerso in seguito a una cena di circa 70 persone in paese. Test al quale, paradossalmente, non si è mai sottoposto il dottor Gnudi, che con il virus ha avuto una frequentazione a dir poco intensa: "Non feci il tampone all’epoca dell’emergenza – racconta – ma la cosa che mi ha stupito è che, malgrado gli evidenti contatti con il virus, il test sierologico ha stabilito che non ho sviluppato anticorpi. Non me lo spiego, se non ipotizzando una immunità di tipo cellulare, che non emerge dal test, non sviluppa anticorpi, ma rappresenta una diversa forma di immunità che forse interessa non solo me ma una certa percentuale di popolazione".

"Ci sono evidenze scientifiche – spiega Gnudi – che dimostrano l’esistenza di diversi tipi di immunità. Una generale, aspecifica, che vale un po’ per tutto ed è quindi imperfetta; una umorale, che sviluppa anticorpi, ed una cellulare, senza anticorpi. La spiegazione più ottimistica è che c’è una immunità cellulare sviluppata, che riguarda una cospicua percentuale di popolazione, che è quindi già protetta". In attesa di conferme, vale sempre la regola aurea del distanziamento e delle protezioni.