Coronavirus Pesaro, spende 18mila euro per fare i test sierologici ai dipendenti

L’iniziativa di Massimo Cecchini, di Str Automotive, per i primi 48 su 300: "Quattro sono risultati molto infettivi eppure stavano benissimo"

Massimo Cecchini, ceo e amministratore delegato di Str Automotive

Massimo Cecchini, ceo e amministratore delegato di Str Automotive

Pesaro, 15 aprile 2020 - "Test sierologici a tutti i dipendenti. Solo gestendo il virus, la nostra economia potrà ripartire". Ne è convinto Massimo Cecchini, ceo e amministratore delegato di STR Automotive, società con sede a Pesaro (fondata nel 2002 da Vittorio Strapazzini) che produce componenti per auto in poliuretano. Lo è così tanto da aver acquistato 300 kit di screening (analisi seriologiche con la tecnologia chemiluminescenza) al costo di 60 euro l’uno, direttamente in Cina. "L’ho fatto e lo rifarei - spiega Cecchini, cercando di dare il buon esempio ad altri imprenditori locali - perché è chiaro come le non competenze di questo esecutivo e l’incapacità di usare la logica più elementare, costringano noi imprenditori a fare tutto da soli".

Leggi anche La nuova cura autorizzata dall'Aifa Ipotesi riaperture: ecco le date - L'infettivologo: "L'epidemia ha perso la sua aggressività" -  Voglia di vacanze: "Andremo al mare"  

Per Cecchini questa non è un’emergenza economica, ma un’emergenza sanitaria che rischia di creare un disastro economico (con le relative conseguenze) che le imprese devono evitare in tutti i modi. "E così 18mila euro investiti in screening sono una cifra ridicola rispetto alla salute delle persone, delle famiglie dei nostri dipendenti e delle attività economiche legate a tutte queste persone" dice. L’operazione di Cecchini ha quindi un alto valore sociale, ma lo si capisce solo analizzando i numeri, che purtroppo sono parziali. Di quei 300 test acquistati, infatti, in Italia ne sono arrivati solo 60, in due mandate. "Il Governo italiano ne ha bloccato la distribuzione in partenza, tramite gli importatori di riferimento - denuncia Cecchini -. Una scelta scellerata".

Ciò nonostante Cecchini ritiene utile trasmettere i risultati della sua esperienza. "Preparandoci alla ripartenza - racconta - ho preso contatto con una laboratorio di Pesaro che esegue test per la verifica quantitativa degli anticorpi IGm e IGg (il tipo di test che oggi la comunità scientifica descrive come il più efficace ed utile). Venerdì 3 aprile siamo riusciti a verificare un primo campione di 48 persone, abbastanza eterogeneo per sesso e fascia di età, quindi discretamente rappresentativo. Il test tra l’altro è velocissimo, i risultati arrivano dopo 2 ore". Su 48 persone tutte asintomatiche, 12 (il 25%) sono risultate positive alle immunoglobuline di cui 4 con elevata presenza di IGm (molto infettivi); altri 4 con discreta presenza di IGm e di IGg (infettivi) e gli ultimi 4 con elevata presenza di IGg e quindi immunizzati e non infettivi.

"Abbiamo messo in contatto i nostri medici del lavoro con il laboratorio per la gestione dei risultati - prosegue Cecchini -. E’ emerso che: senza questo test gli 8 soggetti infettivi, non avendo avuto neanche un leggero raffreddore nelle ultime settimane, sarebbero rientrati al lavoro rischiando di infettare altro personale. Alla luce del risultato invece non rientreranno. Gli immunizzati, sempre previa indicazione del nostro medico del lavoro, riprenderanno a lavorare e potrebbero essere dei veri ’jolly’ per l’azienda". La proiezione di questi dati sulla totalità dei 300 dipendenti della STR, però, dice anche che potrebbero essere 75 gli impiegati contagiati che non sanno di esserlo e 50 gli infettivi, dietro cui ci sono famiglie e altre occupazioni lavorative.

Ma per Cecchini emergono altri utili spunti: "Se applicassimo questa percentuale alla popolazione della città di Pesaro (100.000 abitanti) possiamo ipotizzare 25mila contagiati asintomatici, che in casa possono infettare i parenti, con incubazioni da 7 a 21 giorni e successive possibilità di contagio per i successivi 21/37 giorni. La strategia del governo quindi implica tempi di risoluzione non sostenibili per le imprese. Effettuare i test a tutti, invece, limiterebbe i contagi, in più si potrebbero utilizzare gli immunizzati (ognuno nell’ambito della propria realtà lavorativa) per i servizi di pubblica utilità con grande utilità per tutti e più tranquillità per gli operatori stessi".