CronacaDecisioni lontane, soluzioni possibili

Decisioni lontane, soluzioni possibili

La sollevazione dell’entroterra ha ragioni profonde. Ci sarebbe un’alternativa

Decisioni lontane, soluzioni possibili

Decisioni lontane, soluzioni possibili

di Giorgio Girelli *

Scompare l’arcivescovo ad Urbino. Certo, la “botta“ è forte: un radicale mutamento di assetto istituzionale dopo 1.600 anni non è cosa da poco. Anche se da tempo ne sono stati avvertiti i segnali, tra i quali lo spostamento (nel 2000) della Metropolìa da Urbino a Pesaro. Nel dicembre scorso mi recai dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del sacro Collegio, per ribadire le motivazioni a favore del mantenimento ad Urbino di un arcivescovo. Poiché fattore determinante è la densità di popolazione (minimo 100.000 abitanti, e la diocesi di Urbino ne ha solo 51.000), il cardinale Re ritenne di consultare su Urbino l’Annuario Pontificio. Nella edizione 2022 nessun cenno alla arcidiocesi della città ducale. Pessimo segnale perché nella edizione dell’anno precedente, il 2021 l’arcidiocesi urbinate occupava mezza pagina. Cioè, pur non ancora resa pubblica, la vicenda era conclusa, come poi mi fu confermato dal silenzio del Dicastero dei Vescovi cui avevo chiesto chiarimenti.

Già nei Trattati Lateranensi era disposto che il numero delle diocesi Italiane debba coincidere con il numero delle province. Val dire che, finchè ha potuto, la Chiesa ha “tenuto“. Poi si sono succeduti nel tempo vari interventi sulla necessità di conterne il numero. Paolo VI nel 1964 , il 14 aprile, all’Assemblea dei vescovi parlò di “eccessivo numero delle diocesi“. Il 23 giugno del 1966 affrontò di nuovo l’argomento sempre all’Assemblea della CEI. E solo nel 1986 vennero “tagliate“ intorno alle cento unità. Papa Francesco il 23 maggio 2013, nel primo incontro che ebbe con i vescovi italiani, riprese il tema; il 21 maggio 2018, il Pontefice definì la riduzione delle diocesi "un’esigenza pastorale studiata e approfondita più volte". Nel discorso pronunciato ad Oristano il 1° novembre 2019 il nunzio apostolico Tscherrig ribadiva il concetto.

E’ dunque chiaro che il mancato rinnovo dell’arcivescovo di Urbino parte da lontano, da molto lontano. Come pure la "desertificazione" del territorio di Urbino ha radici remote. Non vi giunge più il treno, aziende prestigiose hanno cambiato località, non parliamo delle strade: da quella che collega la città ducale a Pesaro, alla telenovela della “Fano-Grosseto“, alla mancata realizzazione di una arteria di rapido scorrimento con Novafeltria e San Marino, che forse avrebbe evitato la “secessione“ in favore di Rimini dell’Alta Valmarecchia. Per un soffio è stato salvaguardato il tribunale. Uno dei simboli di tale deperimento è la parrocchia di San Giovanni in Ghiaiolo la cui chiesa del XIV secolo, abbandonata, è man mano crollata. Ne è sopravvissuto il cimitero – oggetto di una interrogazione parlamentare di Carlo Bo – per la fattiva azione restauratrice dell’allora vicesindaco Lino Mechelli. Però, pur nella forte delusione, i cattolici debbono considerare che una cosa è la fede, che può essere ben praticata anche al di là delle strutture. Nell’ottica laico-amministrativa, sarebbe stata una prospettiva da approfondire una diversa configurazione delle delimitazioni territoriali proponendo una nuova divisione dell’area provinciale salvaguardando Urbino e le esigenze della Chiesa. Una… "rivoluzione"? Può darsi. Ma l’essenza del cristianesimo è “rivoluzione“ (senza armi)!

* Coordinatore CentroStudi Sociali “A. De Gasperi“