
La donna è finita sotto i ferri per errore, il tribunale civile di Pesaro le riconosce il risarcimento, dopo 8 anni
Pesaro, 13 febbraio 2025 – A 45 anni le tolgono la tiroide per un tumore che in realtà non c’era, aveva solo un’infiammazione. Il tribunale civile di Pesaro le riconosce, dopo 8 anni, un risarcimento di 72.100,52 euro oltre al pagamento delle spese legali a carico del chirurgo e della clinica privata in cui è stata operata. È l’epilogo della vicenda giudiziaria di una pesarese che nel 2017 si era rivolta al medico curante. La donna aveva sentito un nodulo alla base del collo e voleva vederci chiaro. Il dottore le prescrisse un’ecografia che in effetti evidenziò la presenza di una formazione nodulare solida. Una massa che andava esaminata con un esame istologico. E così avvenne. Un medico dell’ospedale di Muraglia effettuò l’agoaspirato e, dal referto istologico, l’ipotesi fu quella di una compatibilità “con metastasi da carcinoma papillifero della tiroide”.
Otto giorni dopo, il 16 febbraio, la donna si recò dallo specialista chirurgo pesarese, che, formulando una diagnosi di “neoplasia tiroidea”, la indirizzò verso un intervento di tiroidectomia totale nella casa di cura in cui operava e dove, il 9 marzo, la donna è stata sottoposta all’intervento che le ha asportato completamente la tiroide. Appena sei giorni dopo, però, da un laboratorio di anatomia patologica privato a cui era stato inviato il campione da analizzare per individuare lo stato di avanzamento della neoplasia, arrivò una risposta inaspettata. La diagnosi della signora non aveva nulla a che vedere con un tumore ma con un’infiammazione, più precisamente una ‘tiroidite cronica di Hashimoto’.
“Da anni si utilizzano, per la diagnosi del carcinoma alla tiroide, vari anticorpi quali marker tumorali – si legge nella sentenza –, ma tali elementi non furono ricercati. Erronea risulta la prestazione del chirurgo, il quale eseguì l’asportazione della tiroide senza alcun approfondimento diagnostico e polispecialistico. In sostanza venne eseguita una resezione chirurgica praticamente senza diagnosi, facendo affidamento su un unico riscontro, espresso in termini di mera compatibilità e gravemente incompleto. E che non dava prescrizione di tiroidectomia”. Il tribunale ha condannato al risarcimento di oltre 70mila euro sia il chirurgo, che non si è costituito in giudizio ma è rimasto contumace nel procedimento, sia la casa di cura in cui la donna è stata operata. Il ricorso era stato presentato dalla donna, ora 53enne, anche nei confronti dell’ospedale pesarese ma in questo caso il ricorso è stato respinto “per difetto del prescritto nesso causale”.