Dirigente del Comune e famiglia alla sbarra "Finte vendite per evitare un pignoramento"

Condannato dalla Corte dei Conti dell’Umbria a risarcire 870 mila euro, avrebbe ceduto immobili allo scopo di metterli al sicuro

Migration

di Elisabetta Rossi

Nuovi guai giudiziari per il dirigente del Comune di Pesaro Marco Fattore. E’ accusato di essersi disfatto con magheggi di propri beni per evitare di pagare un maxi risarcimento al comune di Terni, dove lavorava fino a 4 anni fa. Con lui, risponde di concorso nel reato anche l’ex moglie e la cognata. Il reato ("mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice") prevede pene fino a tre anni ma Fattore e i familiari potrebbero uscire dal processo senza condanna: ieri i loro difensori, gli avvocati Cinzia Fenici e Roberto Brunelli, hanno chiesto e ottenuto dal giudice la messa alla prova (prevista per pene fino a 4 anni). Se svolgeranno lavori socialmente utili e altre prescrizioni, il reato sarà dichiarato estinto.

Ma bisogna fare più di un passo indietro e cambiare città per ricostruire la vicenda che ha aperto la parentesi davanti al Tribunale penale di Pesaro. Tutto nasce infatti quando Fattore, 52 anni, avvocato, è responsabile del Suap (sportello unico attività produttive) al comune di Terni. Qui, nel 2018, si ritrova nell’occhio del ciclone giudiziario perché non avrebbe fatto pagare circa 870mila euro come contributo di costruzione dovuto per la realizzazione di una residenza per anziani di Collerolletta. Finisce sotto la lente della Corte dei Conti e il contenzioso si conclude con la condanna di Fattore, in via definitiva, al pagamento di tasca sua di 870mila euro per rifondere il buco creato alle casse di Terni. Nel frattempo, vince il concorso a Pesaro e approda al comune della città di Rossini, sempre come responsabile del Suap. Il quinto del suo stipendio però è pignorato per coprire il risarcimento a cinque zeri. Ma, secondo gli inquirenti pesaresi, a un certo punto i soldi e i beni di Fattore finiscono al centro di movimenti sospetti. Entrano in gioco la ex moglie e la cognata del dirigente, le sorelle Paola e Concetta Lauriola. Fattore emette un assegno di circa 74mila euro a favore di Concetta. L’assegno finisce protestato e la donna avvia una procedura esecutiva per soddisfare il proprio credito sullo stipendio del cognato. Ma per la procura si tratta di un ‘magheggio’ illegale architettato per non pagare il maxi risarcimento. Non solo. C’è la seconda presunta operazione illecita.

Quella con cui, a febbraio 2020, Fattore cede alla moglie Paola, dalla quale è legalmente separato, l’unico immobile di cui è proprietario, una casa del valore di circa 198mila euro. "Cessione avvenuta senza corrispettivo – scrive la procura – . La moglie si limitava ad assumere solo il debito residuo di quasi 70mila euro del mutuo, importo del tutto inferiore al valore commerciale della casa". Una generosità sospetta per gli inquirenti, di certo non consueta tra ex coniugi. Dunque, anche questa è una mossa per "sottrarre alle ragioni creditorie del comune di Terni – continua l’accusa - l’unico bene intestato a Fattore, ma a tutto pregiudizio dell’ente perugino". Fattore e le due sorelle finiscono così indagati e poi a processo. Tra qualche mese, la prossima udienza per la verifica della messa alla prova.