"Disabili psichici sfrattati" La rabbia delle famiglie

Le comunità protette dell’Asur, attualmente in via Lombroso a Muraglia, saranno trasferite a Mombaroccio: "Là sono isolati, rischiano l’emarginazione"

Migration

di Benedetta Iacomucci

Sono preoccupati i familiari di una ventina di ospiti della comunità protetta maschile con sede a Muraglia, in via Lombroso. Hanno saputo che quella struttura (ed anche la comunità femminile con altrettante ospiti) dovrà essere trasferita entro settembre 2024 a Mombaroccio, in via Villagrande, dove per altro al momento c’è solo un campo da calcio, così da liberare il sito di Muraglia e dare inizio al cantiere per la realizzazione del nuovo ospedale. A Mombaroccio, invece, è previsto un nuovo Ospedale di comunità da realizzare con i fondi del Pnrr (3,6 milioni). "Non siamo contrari alla realizzazione del nuovo ospedale – dice Tiziana Ranocchi, sorella di un ospite della comunità e portavoce di altri familiari con i quali ha condiviso perplessità e timori – ma ci aspettavamo che il nuovo sito prescelto fosse quanto meno inserito in una realtà meno isolata. Perché quello che serve ai nostri congiunti non è chissà cosa, ma tutta una serie di attività, abitudini, che sono fondamentali per il loro inserimento sociale e per il proseguimento del loro percorso terapeutico".

Una routine che permette agli ospiti, con fragilità psichiche più o meno marcate, di costruirsi una autonomia, realizzare una piena integrazione nella comunità, impedire che una condizione comunque cronica li limiti nella loro vita quotidiana. "Loro escono anche da soli – racconta Tiziana –, vanno al bar, prendono i mezzi, raggiungono il mare, l’ipermercato, fanno attività sportiva. Possono contare su operatori bravissimi che comunque li assistono, ma fondamentalmente sono anche in grado di autogestirsi. A Mombaroccio la realtà è completamente diversa: rischiano l’emarginazione, l’interruzione di un percorso ed anche di tutta una serie di rapporti con la comunità e con le rispettive famiglie, che avranno sicuramente molte più difficoltà a raggiungerli in un sito così scomodo e fuori mano. Saranno fuori dal mondo, meno inclini a uscire. Per andare dove, poi?"

Le famiglie hanno già chiesto un incontro con l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Pesaro Luca Pandolfi: "Vorremmo – prosegue – che le istituzioni si facessero carico di questo problema, di cui per altro al momento non si sa niente, perché non ci sono indicazioni ufficiali. Ma non vorremmo neanche aspettare di trovarci di fronte al fatto compiuto, perché allora ci sarebbe ben poco da fare". Quello che invece si potrebbe fare, adesso, è cominciare a pensare a una destinazione alternativa: "Ci sono tante strutture vuote a Pesaro, o nei dintorni della città – prosegue Tiziana –. Possibile che non si riesca a immaginare una sistemazione più consona per queste persone? Perché sono persone, non pacchi postali. Chi se ne importa se a Mombaroccio avranno una struttura più bella e più nuova? Quella dove stanno ora è perfetta, è una struttura che funziona, gli ospiti sono seguiti benissimo. Perché interrompere questo percorso?"

Le famiglie non possono non rimarcare come, negli ultimi anni, troppo spesso decisioni calate dall’alto abbiano penalizzato proprio i pazienti con fragilità psichiche: durante l’emergenza Covid con la chiusura del reparto di Psichiatria a Pesaro; adesso, a causa del cantiere per il nuovo ospedale, con lo spostamento delle comunità protette a Mombaroccio (si prevede anche il trasferimento della Rsa Tomasello, da 27 posti, da Muraglia a Casa Roverella nonché dell’Srr, 18 posti, a Galantara). "Ogni piccolo gesto di autonomia che i nostri familiari conquistano giorno per giorno, a noi può sembrare un’inezia, ma per loro è tutto. Sono terrorizzata – conclude Tiziana – all’idea di mio fratello seduto in un corridoio tutto il giorno".