Ricettazione, condanna per Porcellini

Un anno e sei mesi al nutrizionista, 17 mesi a De Grandis. Assolti per il doping

 Guido Porcellini, 50 anni, qui con Filippo Magnini in una vecchia udienza

Guido Porcellini, 50 anni, qui con Filippo Magnini in una vecchia udienza

Pesaro, 4 luglio 2019 - Si è chiuso ieri il primo grado del processo che vedeva imputati per per traffico di sostanze dopanti e commercio di sostanze pericolose per la salute Guido Porcellini, 50 anni, medico nutrizionista per molto tempo di fiducia di Filippo Magnini e Antonio Maria de Grandis, 56 anni, amico e collaboratore di Porcellini, per conto del quale spesso si occupava dell’acquisto dei farmaci dopanti. Ambedue sono stati condannati ieri, dal tribunale di Pesaro, in composizione monocratica, (giudice Paolo De Luca). Porcellini a un anno e sei mesi, senza la sospensione della pena; De Grandis a un anno e 5 mesi, pena sospesa.

Ma i reati di cui i due sono stati ritenuti colpevoli sono la ricettazione di sostanze dopanti (e quindi la loro detenzione illecita) e la importazione di farmaci non autorizzata dall’Aifa (l’agenzia italiana del farmaco) da diversi paesi esteri (Cina, Inghilterra ed altri). Porcellini è stato condannato anche per falsità ideologica in certificati, nel senso che nei certificati con i quali prescriveva, dice l’imputazione, «preparazioni galeniche contenenti efedrina», scriveva che i pazienti soffrivano di patologie alle vie respiratorie. Invece, sia Porcellini che De Grandis sono stati assolti perché il fatto non sussiste per il commercio di sostanze anabolizzanti.

«Il che vuol dire – dice con soddisfazione l’avvocato difensore di ambedue, Francesco Manetti – che non è stata mai fatta nessuna cessione di sostanze dopanti né pericolose. Noi abbiamo sempre ammesso – aggiunge Manetti – che Porcellini e De Grandis acquistavano farmaci dopanti, e poi se li dividevano, ma lo facevano per uso personale. Porcellini li usava per sé, e De Grandis li cedeva, ma senza farne commercio, a due o tre amici del rugby. Ma non c’è mai stato né commercio né cessione di quelle sostanze agli atleti».

In sostanza, la sentenza di ieri diventa favorevole anche per Filippo Magnini (che non era, come si ricorderà, indagato in questo processo), perché rafforza le tesi del nuotatore. Il due volte campione del mondo ha sempre negato infatti di aver cercato di fare uso di sostanze dopanti, circostanza per la quale invece il tribunale antidoping lo ha squalificato per 4 anni, confermando la stessa squalifica anche in appello, nello scorso maggio. E nell’udienza del processo per doping a carico di Porcellini, svoltasi lo scorso 5 giugno, in cui Magnini figurava come testimone, il campione aveva difeso a spada tratta il suo medico nutrizionista di fiducia: «Porcellini – aveva detto Magnini – mi ha dato solo integratori, plus o normali che siano, ma tutti prodotti naturali, mai proposto doping e io non l’ho mai preso».

Nell'udienza di ieri il pm Valeria Cigliola ha ripercorso tutta l’indagine dei Nas, i numerosi contatti di Magnini con Porcellini, secondo la procura finalizzati ad ottenere da Porcellini, da parte dell’atleta, le sostenza illecite che dovevano aiutarlo in vista delle Olimpiadi in Brasile del 2016. Il pm Cigliola aveva chiesto 1 anno e 11 mesi per Porcellini, e 1 anno e 9 mesi per De Grandis.