
L’amicizia, l’amore, la morte. E poi la musica. C’era tutto questo, mescolato insieme nella testa delle oltre 300 persone, presenti ieri in duomo per l’ultimo saluto a Pierpaolo Panzieri, 27 anni, ucciso il 20 febbraio scorso dalla follia omicida dell’amico, Michael Alessandrini, 30 anni.
C’era l’amicizia perché a decine gli amici di Pierpaolo sono arrivati ieri per l’addio: hanno scritto e firmato messaggi sul libretto davanti alla chiesa, hanno pianto per lui, hanno lanciato in aria i palloncini bianchi, a fine cerimonia. Il sindaco Ricci ha deciso di esserci ed è andato a salutarli, e dopo di loro ha salutato la famiglia.
C’era l’amore, quello che inutilmente prova ad arginare il dolore scolpito sui volti devastati dei famigliari più stretti: il padre Pietro, la madre Laura, il fratello Gianmarco, oltre agli altri parenti. La madre che si sofferma ad abbracciare la bara del figlio ricoperta da un tappeto di fiori colorati. E lì, su quei volti, si scopriva, forse come mai finora, cosa vuol dire perdere un figlio per la follia di un amico "comandato da Dio". La stessa follia che evoca don Stefano Brizi, il parroco del duomo, quando dice: "Quello che è avvenuto ha segnato la vita di una famiglia, di una comunità, di una città. Molti hanno pensato che quella tragedia poteva colpire anche loro. Non comprendiamo il perché di questa morte".
Quindi la morte. Quella di "un ragazzo solare, accogliente, disponibile", è ancora don Stefano che parla: "Uno che trasmetteva voglia di vita a tutto tondo. Interessi diversi: le partite a calcio, la musica, e, vero, non gli piaceva stare sui libri, eppure scriveva poesie, e guardava la vita nei suoi aspetti più segreti. Uno che credeva nell’amicizia come valore speciale anche per chi aveva un passo diverso dal suo". Anche per i bambini: quelli per i quali la famiglia Panzieri ha fatto una raccolta da destinare ai piccoli dell’Etiopia, non a caso ha letto passi dall’altare anche Marco Signoretti, che in Etiopia ha organizzato molte spedizioni. "Dio ci aiuti – conclude l’omelia don Brizi – a respingere la violenza, e che ci sia per lui un posto nell’orchestra del cielo". Sull’altare sale la cugina di Pierpaolo. Piange e quindi legge con difficoltà. Ma dice: "Viviamo in un mondo in cui non puoi dare il tuo cuore a una persona... Eppure lui voleva la felicità della gente, diceva di suonare e cantare, allo sfinimento, di urlare di piangere. Grazie per le poesie che ci hai lasciato e la passione che mettevi nelle cose". La chiesa applaude.
Eccoci, alla musica. Dagli altoparlanti salgono i pezzi struggenti, quelli che Pierpaolo amava. La messa è finita. La musica è vita. Il modo migliore per dirgli addio.
Alessandro Mazzanti