Endometriosi, il dolore incompreso "Mi dissero che soffrire era normale"

Debora Guidi 47 anni racconta la sua esperienza: "Non abbiate paura di parlarne. Riprendetevi la vita"

Endometriosi, il dolore incompreso  "Mi dissero che soffrire era normale"

Endometriosi, il dolore incompreso "Mi dissero che soffrire era normale"

di Tiziana Petrelli

Nella ricorrenza dell’8 marzo che riconosce i successi delle donne (senza distinzione di nazionalità, etnia, religione, cultura, lingua, status economico o orientamento politico) la fanese Debora Guidi celebra il suo: l’impegno a creare un futuro diverso per tutte quelle donne che ancora si dannano di un dolore senza nome e senza legittimazione. Il prossimo weekend, infatti, si farà promotrice a Fano (con un banchetto informativo sotto i portici di Palazzo Gabuccini) dell’iniziativa dell’Associazione Progetto Endometriosi, per raccogliere fondi e informare le donne su questa malattia cronica che colpisce circa il 10% della popolazione femminile in età fertile. "Il titolo dell’iniziativa è ‘I fiori della Consapevolezza. La forza del girasole, la delicatezza della gerbera’ - spiega la 47enne che proprio come la modella Giorgia Soleri vuole accendere i riflettori sulla malattia che l’ha colpita in età adolescenziale - perché metteremo a disposizione di chi vorrà supportare i percorsi terapeutici per l’endometriosi, un vaso con una gerbera rosa già sbocciata e vicino i semi del girasole con le istruzioni su come coltivarlo".

Aveva 27 anni Debora quando ha finalmente dato un nome, endometriosi, a quella malattia che faceva sì che il suo corpo le si rivoltasse contro, a quel dolore senza legittimazione di cui si vergognava anche di parlare perché la risposta era univoca: "i dolori mestruali sono normali, ce li abbiamo tutte". Per questo ora lotta perché questa malattia sia sempre più conosciuta ed esca dal cono d’ombra e di imbarazzo che la pervade. "Ho scoperto la malattia per caso, 20 anni fa quando si conosceva pochissimo - racconta -. Avevo una pallina nell’ombelico, pensavano a un’ernia ombelicale, ma era una ciste di endometriosi. A Fano mi hanno rimbalzato da un reparto all’altro senza capirci nulla, poi mia madre mi ha portata a Bologna dove c’era già un luminare che conosceva bene l’argomento. Da lì è cominciato tutto l’iter di cura e interventi. Anche oggi mi curo fuori regione perché nelle Marche siamo parecchio indietro sull’argomento".

Il consiglio che dà alle donne e di non aver paura di parlare del ciclo. "Non abbiate paura di confrontare il vostro dolore. Perché ok stare male, ma deve essere un dolore sopportabile. Io avevo da una decina d’anni dolori allucinanti all’ombelico durante il ciclo, nell’ovulazione, nei rapporti ed anche quando andavo di corpo. E poi vomito. Ne parlai col ginecologo all’epoca, ma mi disse che era un’impressione mia. Il ritardo diagnostico (dai 7 ai 10 anni in questo momento) mi ha portato via tanti anni in cui avrei potuto fare di più senza avere questo deficit continuo che ti porta ad allontanarti da tutto. E probabilmente anche la possibilità di diventare madre, a causa delle cure tardive. Ma ogni caso è a sé. Per cui non abbiate paura, non pensate di essere sbagliate o ipocondriache, il male esiste e a volte viene sottovalutato, ma con l’aiuto degli specialisti, tutto si può fare anche con l’endometriosi".