Pesaro, esplosione alla Balleroni trasporti

Cause accidentali: una scintilla proveniente dal muletto avrebbe innescato l’ambiente già saturo di gas

ECCO IL MULETTO GIALLO Il muletto parcheggiato nella rimessa; da lì sarebbero partite le scintille che hanno fatto da innesco

ECCO IL MULETTO GIALLO Il muletto parcheggiato nella rimessa; da lì sarebbero partite le scintille che hanno fatto da innesco

Pesaro, 25 febbraio 2018 - «E’ stato come avere una bomba dentro casa», dice Silvia Balleroni 39 anni, gli occhi ancora sbarrati. Parla seduta al tavolo della cucina di casa sua, a pochi metri da dove l’esplosione ha piegato come se fossero di cartone i muri portanti del deposito-rimessa – per attrezzi e piccoli mezzi, con annessi uffici – della ditta di famiglia (FOTO). Si tratta della Balleroni autotrasporti, situata in strada Montefeltro, vicino all’Obi: fondata nel ’49, titolare è Alessandro, il padre di Silvia. Alle 6,20, un boato sveglia tutti. In frantumi il vetro di una delle due finestre, ma soprattutto lo spostamento, con inevitabili crepe, di una delle pareti portanti della rimessa, oltre che di uno dei due portoni in metallo.

Uno dei fratelli di Silvia, Lorenzo, era appena passato lì vicino: si era svegliato per via dell’acqua battente che aveva allagato il piazzale della ditta, oltre alle auto dei vari trasportatori, e voleva controllare la situazione. La madre lo sgrida: non vuole che stia fuori. Quindi lui si allontana per andare verso casa, lì vicino. Per un nulla, non è stato investito dallo scoppio.

Ma cosa è successo? Cosa ha provocato lo scoppio? E’ quello che si sono chiesti immediatamente i carabinieri della stazione di Borgo Santa Maria, che hanno fatto il sopralluogo, e sentito il titolare. Perchè bisognava capire subito una cosa: se lo scoppio fosse stato provocato da qualcuno. Ma via via che l’episodio è stato ricostruito, i carabinieri hanno deciso che quella dolosa era un ipotesi da scartare. Nessuno aveva minacciato, o poteva avercela, con qualcuno delle circa 35 persone che lavorano per la ditta. E allora?

L’ipotesi più probabile rimanda al temporale incessante delle ore precedenti. E punta a un muletto giallo parcheggiato all’interno della rimessa-magazzino. Piove tantissimo, tutta sera e la notte di venerdì, tanto che i rivoli d’acqua dal colle di Case Bruciate scendono verso la strada Montefeltro, filtrano e poi invadono il piazzale dell’autotrasporto. Presto la pioggia crea un laghetto profondo massimo di 50 centimetri d’acqua, nel piazzale dietro la ditta Balleroni. L’acqua entra anche all’interno della rimessa-officina, dove si trova parcheggiato un muletto che i camionisti usano per caricare e scaricare la merce nel piazzale. A contatto con le batterie del muletto, il corto circuito provocano scintille. Pare che qualcuno della casa le avesse viste provenire dal mezzo. Quindi la spiegazione più probabile, anche se non definitiva, è: all’interno della rimessa si crea una saturazione, legata a delle sostenze chimiche che si propagano. L’ambiente è chiuso, e quindi si satura. Una delle scintille provenienti dal muletto innesca l’esplosione, che non riesce a sfogare, quindi è talmente potente da piegare le mura portanti. Un angolo della struttura è annerito, a conferma del fatto che c’è stato anche un incendio.

I Balleroni chiamano i pompieri. Sul posto arriva la squadra di Pesaro e a ruota carabinieri e polizia. L’ora in cui è avvenuto il tutto – intorno alle 6,20 – fa propendere ulteriormente per l’esplosione accidentale. Se qualcuno avesse voluto fare un attentato incendiario, avrebbe agito sicuramente prima, perchè, anche se ieri era sabato, le 6,20 sono un orario in cui sarebbe stato altissimo il rischio di essere visti da qualcuno della famiglia. Che praticamente ha passato quasi la notte in bianco per le preoccupazioni legate all’allagamento, tanto che la stessa Silvia dirà che alle 3 si era alzata per controllare il livello dell’allagamento. E poi, dalla posizione del portone e dei vetri danneggiati, si capisce che l’esplosione è avvenuta da dentro. Anche se Francesco Balleroni, il fondatore dell’azienda, non crede a questa spiegazione: «Non può essere stata – dice – l’acqua: altre volte ci siamo allagati, ma non era mai successo nulla del genere».