Fabio e l’appello per il suicidio assistito allo Stato: è paralizzato da 18 anni

Ha scritto usando le palpebre, le uniche che può muovere. Ma l’Asur, dal 15 marzo, non gli ha ancora risposto

Migration

di Alessandro Mazzanti

Ha la forza, e lo spirito, ancora di sorridere, se vede persone sconosciute che si avvicinano al suo letto. Eppure Fabio Ridolfi, 46 anni, è uno che in questo momento vuole solo morire.

Lo ha scritto chiaro, come può fare lui, con le palpebre che sbattono e scelgono le lettere piano piano, una dietro l’altra, su un monitor, fino a far apparire il messaggio. Fabio ha scritto ieri solo sei parole che hanno fatto il giro dei telegiornali: "Gentile Stato italiano, aiutami a morire". Perché Fabio non ce la fa più a vivere così, immobilizzato da 18 anni in un letto a causa della rottura di un’arteria del suo cervello. Muove solo gli occhi e un po’ le labbra, ma è cosciente di tutto e tutti, e soffre. Ha provato a resistere e lottare, ma da anni ormai non ce la fa più. Da qui la sua richiesta ufficiale di fine vita fatta allo Stato italiano, tramite l’associazione Luca Coscioni.

Il malore che segna l’inizio del calvario risale al 2004, quando Fabio stava per compiere 28 anni. Fino ad allora ha avuto una vita normale. Muratore, gioca a calcio nel tempo libero, e suona in una band con il fratello Andrea.

Il 29 febbraio del 2004, è una domenica. E’ a cena con i suoi, un’arteria del cervello si rompe. Pochissimi giorni dopo i medici spiegano alla famiglia che Fabio non è operabile. Anche lui viene presto a scoprirlo. Da lì matura il suo desiderio. Inizia a raccontare al mondo la sua voglia di morire. Prima si rivolge al ’Carlino’ e alle tv, poi appunto all’associazione Luca Coscioni. E tramite il legale dell’associazione, Filomena Gallo, inoltra di recente una richiesta all’Asur Marche per poter accedere al suicidio assistito, come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale, numero 24219 sul caso Cappato-Dj Fabo. Entra in contatto anche con Mina Welby.

Nel frattempo il suo medico storico, Giorgio Cancellieri, che lo conosce da quand’era ragazzino, ex sindaco e ora consigliere regionale per la Lega, chiede la verifica delle condizioni di Fabio, nell’ottica del suicidio assistito: nello scorso febbraio, per 4 giorni, l’equipe medica – anestesisti, psichiatri, medici del dolore – lo visita, stila una relazione sulle condizioni del 46enne e la invia al Comitato etico dell’Asur. "Abbiano verbalizzato tutto", diceva ieri Cancellieri. Ma ancora non c’è la risposta.

"Mio figlio è molto stanco – ha detto ieri la madre di Fabio – e noi dobbiamo rispettare la sua volontà, è lui che soffre, è lui che decide". Nella camera ci sono le maglie della Roma, una con il numero 40, per i suoi 40 anni, poi c’è la foto di Totti con dedica. Poi c’è Fabio che guarda il monitor, su cui scrive "Spero di smuovere qualcosa", sperando che sia la sua ultima missione.