"Fateci lavorare: è nostro sacrosanto diritto"

Una ventina di imprenditori, vittime di un cavillo burocratico, ieri si sono ritrovati nel piazzale de Le Cento Vetrine a Morciola, per protesta

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"Incastrati dalla burocrazia, finiremo senza lavoro". Un incubo che non fa dormire a più di un imprenditore di Vallefoglia che, dall’oggi al domani, s’è ritrovato nel tritacarne normativo. Il rischio è che, se nessuno a Roma ci metterà una pezza, loro, i titolari di attività nei quattro centri commerciali chiusi nel fine settimana dall’ultimo dpcm governativo, sverneranno, insieme ai propri dipendenti, a suon di cassa integrazione e ristori. Il caso è ormai noto quanto scandaloso e si trascina da giorni. La consigliera regionale Micaela Vitri (Pd) con l’assessore regionale Mirco Carloni (Lega) e con il sindaco Palmiro Ucchielli sono dietro al Ministero sviluppo economico per avere una soluzione del caso, unico nelle Marche. "Ma ancora non abbiamo avuto una risposta" hanno detto ieri al gruppo di imprenditori che si è ritrovato nel piazzale Cento Vetrine per dare voce alla propria indignazione. "In pratica si tratta di attività, tra negozi e servizi – osserva Vitri – che potrebbero stare sempre aperti come accade nel resto delle Marche: infatti non c’è rischio che la loro clientela crei assembramenti dal momento che ogni negozio ha un ingresso indipendente e all’aperto. In comune condividono il parcheggio e poco altro. Purtroppo ai tempi della concessione edilizia vennero iscritti come “Centri commerciali“. Ed oggi, col nuovo Dpcm, devono stare chiusi al pari di giganti con galleria al chiuso come l’IperConad Rossini o l’IperCoop Miralfiore". Da due settimane i consiglieri Vitri e Biancani (Pd) con l’avallo dell’assessore regionale Carloni (Lega) hanno chiesto all’onorevole Alessia Morani, sottosegretario alle attività produttive, "una faq ministeriale – osserva Vitri – che permetta di restare aperti nei fine settimana quei centri commerciali, configurabili al pari dei Parchi commerciali che hanno accessi indipendenti e all’aperto". Senza una interpretazione governativa il dirigente regionale qualora dovesse verificarsi un contagio, sarebbe responsabile personalmente. "Nell’attesa di una risposta – osserva una commerciante – si potrebbe far valere il silenzio assenso" . In alternativa, il sindaco Ucchielli ha promesso di verificare la possibilità di intervenire all’urbanistica, cambiando la definizione che formalmente è alla base dell’ingiustizia. Infatti di complessi commerciali in tutta Vallefoglia ce ne sono sei: pur essendo costruiti alla stessa maniera solo 4 sono assoggettati alla definizione di centro commerciali e quindi alle restrizioni di legge. Abbastanza quindi per creare disparità tra realtà distanti tra loro qualche chilometro, in barba alla libera concorrenza. Alle testimonianze di Luca Mancini e Stefano Picinni Leopardi, fanno eco le altre. Roberto, titolare del Planet Caffé al centro Arcobaleno: "E’ una cosa ridicola. Si creano discriminazioni che penalizzano chi ha diritto di lavorare. Invece di ricorrere ai sussidi e ristori, si lasci lavorare chi può farlo in sicurezza". laria Ugolini: "Sono titolare di un centro estetico a Bottega dove ci sono tre negozi soltanto: il mio è al piano di sopra, gli altri al pianterreno. Abbiamo ingressi su lati opposti dello stabile. Oltre alla beffa, quindi, il danno: perdo clientela conquistata in tanti anni". Il fotografo Michele: "Le mie prossime scadenze, sommate, fanno 11mila euro. Fotocopio tutto e mando a Roma? Volessero pagarle loro al posto mio visto che non posso lavorare".

Solidea Vitali Rosati