Scoppia la guerra del tartufo. "Questa legge ci fa solo chiudere"

Il commerciante Marini: «Non possiamo pagare tasse per i cavatori»

Coltivazione di tartufo, verso una legge per regolamentare il settore

Coltivazione di tartufo, verso una legge per regolamentare il settore

Acqualagna (Pesaro e Urbino), 16 aprile 2016 - Non c'è più l’anonimato di chi cede il tartufo, la cui Iva passa dal 22 al 10 per cento ed è detraibile al contrario di quanto di adesso. Questo l’accordo raggiunto in Senato nel corso della discussione della legge comunitaria sul tartufo. Un accordo che potrebbe presto diventare decreto e dunque legge.  E nelle Marche, una delle maggiori produttrici di tartufo, scoppia la rivolta dei commercianti. Giorgio Marini di Acqualagna è uno storico commerciante di tartufi, anzi era, visto che alla luce di quanto stanno decidendo i legislatori (all’estero il tartufo è considerato un prodotto agricolo, l’iva è al 4 % e dunque il prodotto è molto più competitivo rispetto all’Italia che resta così regina virtuale di questo prodotto), ha deciso di fare un passo indietro: «Stando così le cose saranno sempre di più le aziende che andranno ad aprire una attività all’estero».

Marini, come giudica le novità?

«Aberranti. Ma come, io commerciante devo diventare sostituto d’imposta, cioé devo pagare le tasse anche per il cavatore che mi vende il tartufo? Questo non solo è ingiusto, ma è, appunto, aberrante. Perché io devo pagare per il tartufaio? Che paghi lui. Solo da noi potevano inventarsi una cosa del genere».

Ma l’iva calerà dal 22 per cento, non detraibile, al 10, soddisfatti?

«Sicuramente meglio di prima, ma sarebbe una legge è fuorilegge: in Romania e negli altri Paesi europei l’Iva è al 4% e il tartufo è considerato non bene di lusso ma agricolo. Loro fanno affari e noi giù a farci del male. E infatti a noi conviene comprare il tartufo all’estero dove cosa meno e dove si può acquistare secondo le normative europee. Dirò di più: così le aziende italiane apriranno in Romania o in Albania. Là lo Stato non ti penalizza e non ci perseguita come avviene qui. All’estero le tasse sono al dieci per cento sugli utili e alla fine dell’anno lo Stato ti manda anche la lettera a casa e ti ringrazia perché hai valorizzato un prodotto così importante. In Italia invece ti penalizzano. Ci diamo le martellate da soli, ma io non ci sto più e infatti cambio mestiere, faccio il ristoratore nella mia osteria a base di carne e tartufo. E faccio il macellaio. E i dipendenti delle aziende di tartufo rischiano il posto, vedrete. Colpa di chi fa certe leggi».

Con l’Iva al 10% il tartufo costerà meno ai consumatori?

«Non saprei. Il prezzo del tartufo è determinato dalla quantità. Se la raccolta è scarsa il prezzo sale. Se abbonda il prezzo scende. E con questo clima il tartufo va a finire. E’ mancata la neve, la pioggia, ha fatto caldo troppo presto, così si brucia tutto».

Cosa pensa della regolamentazione dei prodotti tartufati, ovvero degli alimenti aromatizzati al tartufo ma che di tartufo non hanno nulla?

«Sono d’accordo, regolamentiamo. Ma facciamolo anche per gli altri comparti dell’agroalimentare italiano. Perché bisogna rinnovare le regole solo per il tartufo? Se vogliamo togliere gli aromatizzanti ai prodotti tartufati, facciamolo anche per gli altri prodotti alimentari».