"Ho scoperto i tesori della torre"

Il ricercatore storico Edmondo Luchetti ha ritrovato l’inventario dei beni che erano custoditi a Fermignano

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Non si può passare a Fermignano senza buttare lo sguardo verso la torre medioevale. Alta, armonicamente ben costruita, assieme al ponte romano fa parte dei segni architettonici distintivi di maggior rilievo storico del paese. "Come sosteneva già Sebastiano Macci nel 1613 nel De Bello Asdrubalis riguardo a Fermignano: Situm est in ripa fluminis Metauri... et Castrum assurgit Turris... altissima... inexpugnabilis... Viene da dire che la traduzione non serve, tanto è intuibile" dice Edmondo Luchetti, appassionato ricercatore di storia locale che verso la torre non ci ha buttato solo lo sguardo, ma ha speso del tempo alla ricerca di qualcosa di nuovo, di interessante.

Luchetti, cosa ha scoperto?

"Ho ritrovato nel fondo notarile di Urbania, conservato nella biblioteca storica di Palazzo Ducale, nei rogiti del notaio Berti, un documento del 1744 con l’inventario delle cose all’interno della torre e c’era tutta roba pregiata. La storia di questa torre, alta dal fiume circa 30 metri, sorta a guardia dell’abitato e del ponte sul Metauro, è nota agli studiosi che si occupano di storia locale, ma a volte gli archivi ci svelano risvolti secondari e non per questo meno importanti. Anche se non si può stabilirne con esattezza le origini, sappiamo che fu proprietà dei Montefeltro, subendo nei secoli modifiche e diversi passaggi di proprietà".

In quali mani finì?

"Nel 1507 la duchessa Elisabetta Gonzaga la vende per 50 fiorini alla famiglia Pini. Nel 1520 i Pini la rivendettero per 60 fiorini ai Virgili di Urbino. Dai Virgili passa ai Battiferri, quindi alla famiglia Maschi. Questi nel 1681 per il prezzo di 350 scudi di moneta ducale vendono la torre al nobile urbinate Federico Bonaventura. Proprio nel periodo di proprietà di questa famiglia veniamo a conoscere un prezioso inventario della torre redatto nel 1744 dal notaio pesarese Giuseppe Ugolini".

Ci sono anche altri inventari?

"Successivamente a questo inventario – spiega ancora Edmondo – nel 1749 per disposizione testamentaria del nobile Ulderico Bonaventura marito della contessa Anna Giulia Brancaleoni feudataria di Piobbico, la torre entra nella eredità dei Conti Materozzi–Brancaleoni di Piobbico, precisamente della primogenitura istituita con approvazione della Santa Sede a favore del nipote Ulderico Bonaventura-Materozzi-Brancaleoni. E quindi anche Piobbico entra nella storia della torre di Fermignano".

All’interno c’erano molti beni?

"Sì, ci torna utile in questo il testamento redatto dal notaio Berti di Urbania – continua Edmondo Luchetti – dove è riportato: ...in oltre a fondo della medesima primogenitura costituisce, [Ulderico Bonaventura] ed assegna la Torre esistente in Fermignano con tutti li mobili si ritroveranno in essa dopo la di lui morte, con tutti e singoli suoi annessi, usi, e servitù, e similmente una casa esistente nel medesimo castello di Fermignano con tutti li suoi annessi.... L’inventario, redatto in latino nel preambolo, riporta invece la descrizione in italiano di tutto ciò che era presente all’interno delle stanze. Viene redatto in due giorni, 9 e 10 marzo 1744".

Cosa si racconta?

"Si parte dal camerone a capo la scala per il quale s’entra poi in detta Torre segue poi nella camera contigua a detto camerone, nella prima camera di detta torre, nella seconda camera sopra alla suddetta, ma essendo arrivati a tarda ora il notaio sospende l’inventario. Il giorno dopo 10 marzo, alla presenza e per ordine della contessa Anna Giulia Brancaleoni si riprendono le operazioni alla presenza di due testimoni. Si ricomincia nella terza camera di detta torre, a seguire nel camerino a cima la torre, in ultimo si passa alla “cella vinaria“ dove si chiude l’inventario".

Cosa è descritto nell’inventario?

"Nella dettagliata e interessante descrizione troviamo mobili di noce, letti, tavoli, seggiole, camini, canterani, un quadro con cornice colorata e rabescata d’oro…, nella prima camera sono presenti ben 11 quadri oltre gli utensili da camino e una credenza a muro, nella camera sovrastante troviamo ancora mobilia di noce, quattro grandi carte geografiche, un medaglione in pietra rappresentante la testa del papa urbinate Clemente XI e un san Giovanni, un baule con molte carte manoscritte eccetera eccetera. E’ riportato un arazzo rappresentante due turchi con scudo in mano, e ancora molti altri mobili ed arredi di noce. Nella cantina sono presenti due botti cerchiate di ferro da dieci some l’una, un’altra botte cerchiata di legno da sei some, diversi vasi in terra cotta con piante d’agrumi diversi. Insomma una descrizione minuziosa e dettagliata certificata da un notaio di tutto ciò che la torre conteneva".

Dove saranno finiti questi “tesori?“

"Per le vicissitudini dei secoli non sappiamo al momento che fine abbiano fatto tutte quelle suppellettili, alcune senz’altro di pregio come i mobili di noce, altre certamente interessanti per la storia locale come le carte manoscritte conservate dentro il baule. Dopo i Materozzi-Brancaleoni di Piobbico la torre ha visto altri passaggi di proprietà. Ancora oggi è lì al suo posto, guardiana silenziosa e solitaria sul fiume Metauro, non più con funzioni difensive e abitative, ma ormai simbolo indelebile del Municipio di Fermignano, che dal 1995 ne è diventato il proprietario".

Amedeo Pisciolini