Pesaro, hotel Clipper, lavapiatti introvabili

I gestori danno una mano in cucina dopo il servizio. Assunti migranti

PIATTI MONDIALI La cucina dell’hotel Clipper ricca di personale proveniente dall’Est e col cuoco di origine tunisina mentre lo chef dei dolci è siciliano

PIATTI MONDIALI La cucina dell’hotel Clipper ricca di personale proveniente dall’Est e col cuoco di origine tunisina mentre lo chef dei dolci è siciliano

Pesaro, 11 luglio 2018 - Lei si chiama Vanessa Gasparini, è titolare insieme alla sua famiglia del rinnovato hotel Clipper, in via Marconi a Pesaro. Non può stare molto al telefono perché deve correre in cucina ad aiutare la madre Anna a lavare le pentole più grosse: «Non riusciamo a trovare personale in sala e in cucina – dice – sembra incredibile ma non c’è nessuno che chieda di lavorare». Vanessa è sconcertata da quello che sta accadendo: «Il problema si era già visto l’anno scorso, ma quest’anno è esploso. Io ho venti dipendenti. Ho iniziato a cercarli dall’ottobre scorso senza riuscire a trovarne a sufficienza. Me ne servirebbero altri tre o quattro ma non ci sono. Tantomeno ragazzi italiani, e non parlo di pesaresi perché non se ne vede uno che bussi per chiedere di lavorare seriamente.

LEGGI ANCHE Rimini, albergatori senza personale. "I piatti? Devo lavarli io"

Ma posso raccontare che cosa mi hanno detto quei tre o quattro che sono venuti a chiedere informazioni. Dunque, il primo mi ha chiesto se per le 20.30 fosse stato libero dal servizio perché ha il torneo di calcetto che comincia a quell’ora. Il secondo ha rinunciato perché non gli andava di pulire la sala dopo il servizio dicendomi che non lo accettava. Non era la sua mansione. Il terzo mi ha detto che sarebbe venuto ma aveva la vacanza prenotata tra luglio e agosto e non poteva disdirla. Il quarto ha ritenuto che le ore di lavoro fossero troppe. Voglio anche aggiungere che i genitori di questi ragazzi di 17, 18 e 19 anni, non hanno fatto nulla per spingere i figli ad avvicinarsi al lavoro o almeno a provarci. No, ho sentito che gli dicevano di non aver paura che a casa hanno da mangiare anche se non lui non lavorava. Capisco che sembrano parole retoriche, ma la realtà è questa».

Aggiunge Vanessa Gasparini: «Con questa situazione, ci siamo rivolti a scuole, job e altro ma senza successo. Poi la cooperativa Labirinto ci ha proposto dei ragazzi, dei rifugiati politici. Ne abbiamo assunti 3, un ragazzo del Costa d’Avorio, uno del Mali e un pakistano. Due sono in sala e uno in cucina. Siamo molto contenti di loro e di come intendono la professione. Noi abbiamo solo 4 pesaresi su venti persone assunte. Oggi provo una ragazza rumena come lavapiatti ma non lo so se rimarrà. Nel frattempo le pentole le puliamo noi, in particolare mia mamma. Per fortuna non abbiamo problemi per le camere dove non lavorano ovviamente donne italiane. Abbiamo una donna peruviana, una rumena, una colombiana e un’albanese che ormai da molti anni ci garantiscono un servizio di prim’ordine. E dobbiamo ringraziare che ci siano queste ragazze. Non posso dire di essere a posto in cucina dove un aiuto cuoco non si trova così come in sala. Se poi parliamo del rapporto che una città turistica deve avere con la sua scuola alberghiera, il mio giudizio è totalmente negativo. Non c’è alcun rapporto serio. I migliori allievi so che vengono indirizzati dagli stessi professori verso strutture di loro gradimento, degli altri non sappiamo. O almeno, io non ne ho conosciuti e così tanti altri miei colleghi. A chi dobbiamo chiedere un aiuto per reclutare personale di qualità? Dove dobbiamo andare per trovarlo? Se i ragazzi pesaresi privilegiano il torneo di calcetto piuttosto che avere un lavoro stagionale di cameriere con tutte le garanzie di legge, che futuro turistico può avere questa città? Se non c’è personale di qualità è finita. E noi ci sforziamo a fare corsi di formazione ma non servono perché poi al momento rinunciano o fanno altro».