"I miei figli hanno fatto già tre quarantene. Sotto i sei anni i tamponi non hanno senso"

Lo sfogo di Andrea Auriemma, infermiere del Pronto soccorso. "Questa è una gestione inutile e feroce che crea danni devastanti allo sviluppo dei nostri ragazzi. Troppo semplice chiudere per 10 giorni al primo sospetto che, magari, poi si rivela un raffreddore"

Tamponi, foto d'archivio

Tamponi, foto d'archivio

Pesaro, 25 gennaio 2022 - "I miei figli hanno fatto già tre quarantene e ogni volta per la nostra famiglia è una mazzata tra lavoro e gestione famigliare. E tutto perché salta fuori un presunto positivo che magari ha semplicemente un raffreddore. E a volte neppure quello. Così non si può più andare avanti" È lo sfogo amaro che un pesarese di 37 anni ha affidato a una lettera inviata al nostro giornale e rilanciata anche nel suo profilo Facebook. Lui si chiama Andrea Auriemma, è infermiere al pronto soccorso di Pesaro e il Covid lo guarda in faccia ogni giorno. E come lui, sua moglie, infermiera anche lei. "Sono babbo di due bambini di 3 e 5 anni – attacca Auriemma - e dopo quasi due anni di pandemia non riesco a capire perché le istituzioni non siano state capaci di trovare una soluzione per evitare la chiusura della scuola per una presunta positività. Noi abbiamo già fatto 3 quarantene. Io e mia moglie facciamo turni già di per sé massacranti e tornare a casa e gestire la famiglia senza nessun aiuto non è più sostenibile dopo tutto questo tempo".

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E punta il dito contro chi ha la responsabilità di gestire questa situazione: "Oltretutto in questo periodo le istituzioni ci abbandonano, non c’è alcun tipo di incentivo economico per le famiglie, al lavoratore nessun distacco viene concesso senza avere conseguenze economiche, spesso le ferie sono utopia. Sul piano educativo e dello sviluppo scolastico le attività pubblicate dalle maestre (che ringrazio) sulla bacheca non possono certamente sostituire ciò che viene fatto materialmente all’interno della scuola stessa. Allora è proprio facile dire ’c’è un positivo, chiudo tutto’ e magari quel positivo ha semplicemente il raffreddore". Una soluzione che si abbatte sulle famiglie in modo pesante. Per alcune anche peggio: "Penso alle famiglie con figli disabili – continua l’infermiere - e vedersi privati di un diritto (come quello scolastico) penso sia devastante. Qualcuno potrebbe dire perché non prendi una babysitter? La soluzione della babysitter è una non soluzione! Chiudere nidi e scuole dell’infanzia in questo modo penso sia la cosa più inutile e feroce che si possa fare verso i bambini e i genitori. Mi sorprende anche il fatto che nessun politico abbia mai affrontato il tema e che nessuno sia preso la briga di trovare una strategiasoluzione che eviti la soluzione più facile del ’ti chiudo per 10 giorni e grazie’. Se qualcuno che può e legge magari proponga una soluzione perché andare avanti così non si può".

"Siamo stanchissimi, non ce la facciamo più – ha ribadito anche ieri Auriemma al telefono, mentre faceva la spesa, prima di tornare a dare il cambio alla moglie a casa con i bambini – La soluzione? Il buon senso: non fare più i tamponi ai bambini tra 0 e 6 anni se non ci sono sintomi importanti. Tolti casi di patologie pregresse, i bambini non manifestano la malattia in forma grave. Togliamoli dal tracciamento e mandiamoli all’asilo se non hanno sintomi. In caso di tosse o altro, teniamoli a casa. Ovviamente lontani da nonni e persone fragili per precauzione. Se invece vogliamo continuare con i tamponi, che diano modo di farli ogni 72 ore, non dopo 10 giorni! E che ci sia un rapporto più stretto coi pediatri per un monitoraggio costante. Ma basta con queste chiusure. Non possiamo più permettercele".